I corsivi di Adolfo Gente

03.10.2019

ENTI LOCALI, CHIESA CATTOLICA, ENERGIE RINNOVABILI E TITELA DELL’AMBIENTE

Se la tendenza nazionale, che non conosciamo, dovesse essere simile a quella in atto nella provincia in cui viviamo, Latina, dove le Amministrazioni Comunali, legittimamente, stanno mano a mano sgravando i propri bilanci dall’onere del pagamento relativo al consumo di energia elettrica da parte delle Chiese Cattoliche e di altri edifici di culto (una scelta siffatta, però, per non essere discriminante, andrebbe estesa anche ad altri Enti, Associazioni, Gruppi ecc.!), ci sentiamo di fare una proposta concreta, facilmente percorribile.

La Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.) dovrebbe decidere, elaborando un piano pluriennale, di destinare una parte dei fondi dell’8 per mille alla produzione di energia elettrica e/o rinnovabile, installando sui tetti artisticamente non rilevanti delle chiese e di altri edifici di proprietà di enti religiosi, mezzi e strumenti (pannelli fotovoltaici, solari ecc.) che scienza e tecnica mettono a disposizione di chi vuole svincolarsi dal giogo degli attuali enti di produzione e di distribuzione dell’energia elettrica, e/o da sempre possibili “ricatti” e condizionamenti degli enti locali.

Tali impianti, oltre a un sensibile risparmio, riassorbite le spese di impianto, contribuiranno a tutelare e a preservare l’ambiente con energia alternativa e pulita, anche sulla scorta dell’insegnamento di Papa Francesco.

Non ci sembra una idea peregrina né di difficile realizzazione, nella cui concretizzazione confidiamo e speriamo fermamente.

Lo stesso discorso vale per i Comuni, le Province, le Comunità Montane, le ASL ecc.: si pensi soltanto ai chilometri quadrati dei tetti/terrazzi (senza occupare terreno fertile) degli edifici scolastici, delle caserme, dei tribunali, degli ospedali, delle prefetture, delle carceri ecc.

Con rigoroso e serio piano di investimento e del conseguente ammortamento, si potrebbero ottenere, alla distanza (ma se mai si comincia…), almeno due importanti risultati: sensibile abbassamento dei costi per il consumo dell’energia elettrica e reale tutela dell’ambiente con positive ricadute sul benessere fisico e psichico delle persone e sulla salute degli esseri viventi in generale che abitano questa Terra.

Maurizio Cippitani e Adolfo Gente

15.07.2019

E ORA ABOLIAMO IL C.N.E.L.

Salvo imprevisti, allo stato ormai imprevedibili né auspicabili, alla ripresa autunnale dei lavori, la Camera dei Deputati, approverà, in quarta lettura, la legge con cui viene sensibilmente modificato l’art. 56 della vigente “Costituzione della Repubblica Italiana” relativamente al numero dei parlamentari, i quali scenderanno da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori.

Ci auguriamo il PD, quand’anche ne dovessero ricorrere le condizioni, vorrà astenersi dal richiedere l’effettuazione del referendum confermativo non solo per un problema di costi e di tempi, ma semplicemente perché questa legge, anche se non giusta (il meglio è nemico del bene!, come recita un antico adagio), è quanto meno opportuna dal momento che si muove nella logica della riforma costituzionale a piccoli passi, nel quadro di una strategia complessiva, anche da noi auspicata, a suo tempo, in uno dei primi “corsivi” scritti per questo sito.

Non solo, su tale materia e in questo momento, il PD andrebbe certamente incontro all’ennesima débâcle, con conseguenti nefaste ripercussioni per i successivi e, di fatto, imminenti appuntamenti elettorali, decisivi per il futuro dell’Italia e dell’Europa. E non solo!

Sarebbe ora auspicabile, anzi, che il PD si facesse parte attiva, nella logica di una riforma costituzionale graduale, ma sistematica, per la presentazione e l’approvazione di una proposta di legge finalizzata all’abrogazione dell’art. 99 della “Costituzione”, con cui è stato istituito il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (C.N.E.L.), un carrozzone inutile e costoso, un cimitero degli elefanti bianchi, funzionale a gratificare e a foraggiare ex politici ed ex sindacalisti giubilati e smaniosi di pubbliche medagliette.

20.06.2019

ROMA È LONTANA

Ristorante molto affollato per una festività a Cisterna di Latina (50 chilometri precisi dalla Stazione Termini di Roma lungo la trafficatissima linea ferroviaria Roma-Napoli via Formia).

Cliente di riguardo, il gestore del locale ha ricavato uno spazio vivibile per me e per la mia famiglia, in una stanzetta riservata, dove, anche volendolo, non si riusciva a non sentire quanto dicevano gli ospiti seduti ai tavoli vicini, soprattutto se, per giunta, parlavano a voce alta (a volte infastidendo).

Non ho potuto non ascoltare, pertanto, quanto dicevano fra loro due signore relativamente giovani, le quali, fra tante banalità, a un momento punto sono riuscite addirittura ad attirare la mia attenzione, la mia curiosità, quando una ha chiesto all’altra: “hai fatto la domanda per il reddito di cittadinanza?

La risposta della seconda, che mostrava una certa qual frequentazione di ristoranti, è giunta inorridita e fulminea: “Mica sono matta! Se mi danno lavoro a Roma, come faccio? Roma è lontana!”.

Capito, Di Maio, quanto bisogno vero c’è di lavoro, di occupazione? A quel punto, deluso e amareggiato, sono rimasto sconcertato rispetto a tanta imperversante demagogia giallo-verde. Io che ho un figlio, laureato e altamente qualificato, il quale, per svolgere una attività dignitosa, da ormai un decennio vive e lavora all’estero!

18.06.2019

UNO SPECCHIO PER SALVINI

La “Lega” di Bossi, che è la madre sempre in cinta della “Lega di Salvini”, nacque e si affermò, una trentina di anni fa, con il progetto – obiettivo di espugnare “Roma ladrona”.

Con questa incitazione generosa, urlata in tutte le salse e condita con i più svariati ingredienti, la “Lega” cominciò a mietere consensi e a conquistare potere in un ambito territoriale ben definito, oltraggiando, con Roma, altre vaste zone del nostro Paese.

Per effetto della globalizzazione e di convenienze partitiche, l’idea di Roma e delle malefatte presunte esclusivamente romane si è dilatata oltre misura. Parallelamente, con operazione gattopardesca, la “Lega” si è espansa territorialmente, elettoralmente ed economicamente.

La conseguenza lapalissiana – come dimostra ciò che sta accadendo a livello governativo e istituzionale in genere – è che Roma non è più la sola ladrona e che personaggi a dir poco discutibili si annidano a bizzeffe anche nella “Lega”.

L’unico a non accorgersene sembra essere sono Salvini!

È, dunque, gran tempo che qualcuno gli regali un grande specchio, che rifletta limpidamente l’ineludibile realtà, ma quella vera, non quella virtuale, anche se scomoda!

31.03.2019

ETERNITÀ DELL’INVIDIA

È proprio vero che l’invidia è una brutta bestia, in assoluto il peggiore dei sentimenti! L’invidia non finisce mai! Dura, anzi, in eterno… La stessa, alla distanza, sfocia spesso in un odio cieco, incomprensibile e incontenibile.

Ne ho avuto oggettiva e indiscutibile conferma e prova agli inizi di questo anno 2019; quando, per più settimane di seguito, recandomi con mia moglie alla messa domenicale, ho notato un anziano insegnante di scuola elementare che, alla mia vista, ha improvvisamente cambiato marciapiede e/o strada, evidentemente per evitare di incrociarmi, salvo poi (ironia, beffa del destino!) ritrovarci nella stessa chiesa per partecipare allo stesso rito.

È doveroso dire che, questo mio ex collega, molto più anziano di me, mi ha tolto il saluto, tagliato ogni rapporto con me  e con la mia famiglia, covato, alimentato e dimostrato odio e invidia nei miei confronti da quando, nel 1978, conseguito il necessario titolo accademico, al primo tentativo ho vinto il pubblico concorso a Direttore Didattico; cosa che a lui non era riuscita nonostante reiterati tentativi andati miseramente a vuoto. Queste ripetute prove concorsuali, sfortunate e negative, non sono mai state sostenute contemporaneamente a me né dopo di me, dal momento che, nel frattempo, era cambiata la normativa per la partecipazione ai concorsi direttivi, che prevedeva, fra l’altro, quale requisito indispensabile il possesso della laurea, che il mio autoproclamatosi virtuale antagonista non aveva in quanto era rimasto studente universitario permanentemente fuori corso (mentre io collezionavo lauree…).

Lungi da me fare valutazioni o emettere giudizi!

L’unica scusante, l’unica motivazione, ancora e degna di comprensione, ma non giustificabile è una invidia, incommensurabile, incontrollabile e cieca, che un quasi novantenne seguita a nutrire ancora forte e viva dopo oltre quaranta anni (tanti, infatti, ne sono trascorsi fra i miei circa trenta di servizio con la qualifica oggetto del “contendere” e gli oltre dieci di pensionamento!).

L’unica cosa che posso augurarmi  e sperare è di non ritrovarci nell’Aldilà, per evitare a questo poveretto pericolose e brusche virate per non imbattersi con me!

Mi rendo comunque conto, concludendo, quale grande onestà intellettuale e quale notevole dose di umiltà siano necessarie per accettare (non solo per rassegnarsi ad accettare) il fatto  che qualcuno sia riuscito a conquistare ciò che a noi sembra essere stato precluso.

In proposito è di sicuro aiuto e conforto quanto soleva ripetermi quella saggia donna di mia Madre, con atteggiamento rassicurante, e cioè che “per virtù o per ingegno,  sempre di lode il vincitore è degno!”, che, tradotto in linguaggio corrente, significa: “per fortuna o per capacità il vincitore è sempre degno di riconoscimento e di rispetto”.

Lo ricordi quel poveretto che nutre nei miei riguardi illimitata invidia, e non solo lui e non solo per me! È fatica sprecata!

 

SAN REMO 69: UN OMAGGIO A SALVINI

Al termine del 69° Festival della Canzone Italiana, svoltosi recentemente a San Remo, il cantautore Ultimo e l’imbonitore Salvini si sono lasciati scappare la preziosa occasione di stare zitti, che gli avrebbe consentito di verificare quanto sia vero che il silenzio è d’oro e, quindi, di arricchirsi letterariamente e culturalmente dal momento che qualche saggio, or è tanto tempo, ha insegnato come un bel tacer non fu mai scritto.

Entrambi hanno, infatti, reagito in modo diverso nella forma, ma identico nella sostanza, alla vittoria del Cantautore, “al cento per cento italiano, essendo nato e vissuto e vivendo a Milano”, anche se i tratti somatici e il colore della pelle sono chiaramente mediorientali Alessandro Mohoud, in arte Mahmood, di madre sarda (per Salvini la Sardegna è sempre in Italia?), e di padre egiziano (solo biologico?).

Il primo, Ultimo, con fare nevrotico, schizzato, scomposto, arrogante e, per certi aspetti, presuntuoso e volgare (confermando la veridicità e la saggezza della locuzione latina nomen omen, vale a dire che il destino delle persone è contenuto nel nome e, quindi, che lui si è dimostrato ultimo di nome e di fatto!), dopo aver offeso alcuni dei componenti della Giuria non popolare (i “signor nessuno”), che era articolata in due gruppi, ha aspramente criticato i criteri delle votazioni adottati per tutte le serate ma a operazioni concluse, criteri precedentemente accettati – pur essendo diversi – quando si era trattato di entrare nel gruppetto dei ventiquattro prescelti per partecipare allo stesso Festival.

Il secondo, pronto sempre a cavalcare qualsiasi forma di malcontento, con l’altalenante e vuota demagogia che gli è propria, e che, purtroppo, sembra essere acriticamente condivisa da tanti italiani, ha proclamato urbi et orbi che lui avrebbe votato e Ultimo, ma non per ultimo, probabilmente convinto e nella presunzione di far credere ai suoi fans, i quali, ovviamente, sono a sua immagine e somiglianza, che stava respingendo o che, se fosse dipeso da lui, avrebbe “chiuso” l’accesso al palco dell’Ariston all’ennesimo extracomunitario clandestino, che, ironia della sorte, è suo conterraneo.

Insomma, Salvini non ha capito e non ha gradito una vittoria, che avrebbe potuto essere un omaggio proprio a lui e alla sua piccolezza.

Fra l’altro, negli anni precedenti, e per la stessa manifestazione canora, in un clima politico diverso, quando non si respirava l’odio razziale e razzista avventatamente, irresponsabilmente fomentato, alimentato e profuso senza ritegno, a soli fini elettorali, dal solito “leghista” (si fa per dire), la vincita e/o il significativo piazzamento nella classifica finale di artisti italiani, ma neppure nati in Italia, erano stati spontaneamente, sportivamente e correttamente accettati con la massima naturalezza.

Nel 2019, invece, è stata presentata da un parlamentare leghista addirittura una proposta di legge volta a regolamentare la “quota di menestrelli” da ospitare nelle emittenti radiofoniche e televisive, pubbliche e private, al fine di salvaguardare e tutelare l’italianità di canzonette o presunte tali. Mio Dio, grazie all’imperversante deriva valoriale, siamo giunti anche al razzismo musical-canoro

DEMOCRAZIA IN TILT

Alla formulazione cervellotica (voluta e in malafede?), del quesito, su cui si sarebbe dovuto pronunciare il popolo già grillino, a proposito del mantenimento dell’immunità parlamentare per un componente dell’attuale governo giallo-verde, con tante sfumature di nero, si sono aggiunte, al momento dell’apertura delle votazioni, non meglio specificate difficoltà tecniche della pur supertecnologica piattaforma rousseau (chissà se con ripercussioni sul risultato della precipitosa e ridicola consultazione!?)

Certo è che, se questa è una prova della presunta validità della tanto conclamata democrazia diretta (che nel breve potrebbe vanificare la presenza stessa del Parlamento e di tutte le articolazioni dalla democrazia rappresentativa e delegata) dobbiamo malinconicamente e sconsolatamente constatare che siamo ancora al tempo dei treni accelerati, dei ciuf ciuf a vapore, che tutto sommato, sia pure lentamente, una certa funzionalità assicuravano, con relativo rispetto delle regole e degli orari.

Non è che stavamo meglio, quando stavamo peggio, con buona pace della Casaleggio e associati e della trasparenza predicata, ma non praticata?

DOMICILIO COATTO PER I PENSIONATI CHE RIENTRANO IN ITALIA

L’attuale Governo giallo-verde, con strumenti decisamente inefficaci, sembrerebbe voler tentare di neutralizzare, contenere e, ove possibile, invertire il preoccupante e purtroppo crescente fenomeno della fuga all’estero, a oggi senza ritorno, dopo quella di giovani e qualificati “cervelli” (dal 2005 al 2015 – tanto per fare un esempio con dati ufficiali – sono “emigrati” n. 10.000 medici, n. 1.500 medici specializzandi e oltre 11.000 infermieri, mentre in Italia la carenza di personale medico e paramedico e la conseguente “malasanità” sono un fenomeno allarmante a cui sembra non potersi porre rimedio), di un consistente numero di pensionati. Questi, sempre più frequentemente, scelgono di trasferirsi in Stati in cui, a parità se non inferiore costo della vita e con servizi sociali uguali se non migliori di quelli nazionali, possono vivere in una condizione agiata dal momento che percepiscono, al netto, una pensione di importo pari al lordo loro spettante in Italia. Infatti, nello Stato in cui hanno liberamente scelto di rifugiarsi e dove possono liberamente fissare la residenza senza condizionamenti di sorta, non sono più soggetti alle esose trattenute che erano costretti a subire nel luogo di nascita, dove hanno prestato attività lavorativa.
L’offerta proposta per incoraggiare il rientro sul suolo patrio è l’ennesima beffa che gli attuali governanti stanno perpetrando ai danni dei pensionati, ovunque si trovino. In tale prospettiva, la loro fuga sarà, inevitabilmente, senza ritorno.
Quale interesse, quale convenienza hanno a rientrare in Italia i pensionati che, per un discreto numero di anni, sono totalmente esentati da qualsiasi tassazione, se da noi saranno comunque assoggettati, per un periodo ancora indefinito di tempo a un prelievo fiscale sia pure ridotto (sembra il 7%)?. Non correranno, in tal modo, il pericolo di vedersi ripristinate, nel breve periodo, le vecchie aliquote e le vecchie trattenute, causa prima della loro fuga, dal momento che potrebbero sollevare l’incostituzionalità di tanto differenziato trattamento quei pensionati, che, non avendo chiesto rifugio all’estero, hanno seguitato a pagare e dovranno seguitare a subire, a parità di importo pensionistico, trattenute da uno Stato vampiro, sanguisuga e vessatorio?
La differenza di trattamento, a parità di condizioni, sarebbe sfacciatamente troppo stridente.
Vanificata la convenienza economica e constatata la sua possibile precarietà, resterebbe la mozione degli affetti, la vicinanza con la famiglia.
Ma qui la cosa è anche peggiore. Parenti per la fuga e non parenti per il rientro, che a parole si dice di voler incoraggiare, i pensionati che decidessero di tornare in Italia dopo un periodo di residenza in altro Stato che li trattava meglio, verranno posti al domicilio coatto.
Se, infatti, vogliono fruire dei ridotti e modesti benefici economici, debbono stabilire residenza e domicilio in un comune non superiore a 20mila abitanti, scelto in una delle otto Regioni meridionali del nostro Paese, a prescindere dal luogo in cui vivono i familiari. Con buona pace del riavvicinamento alla famiglia.
Il danno è evidente. La beffa ancor di più!
Speriamo che nessun allocco abbocchi!

LIBRI DI RELIGIONE CON ILLUSTRAZIONI “OSÈ”

Nel mio quasi trentennale e non certo tranquillo lavoro di Direttore Didattico/Dirigente Scolastico, mi è capitato di tutto, ne ho visto e sentito di “ogni” (come si usa dire ora con espressione equivoca), al punto di non meravigliarmi più di niente.

In una riunione del Collegio dei Docenti, convocato per la scelta e l’adozione dei libri di testo, però, sono rimasto stupito e perplesso rispetto al comportamento delle tre insegnanti di religione nella Scuola Elementare, in servizio ciascuna negli unici tre plessi funzionanti e, quindi, per un numero limitato di bambini.

Ogni insegnante, infatti, aveva scelto e proponeva di adottare un testo diverso rispetto alle colleghe.

Non avendo mai esercitato alcuna pressione, diretta o indiretta, per sollecitare nuove scelte né qualsivoglia cambiamento di competenza dei docenti, più per celia e per provocare, alla risposta, qualche ironico sorrisetto, comunque amaro, che per mera curiosità pedagogico-didattica, ho chiesto di illustrare al Collegio, dopo aver letto a voce alta le relazioni scritte come di regola, quali importanti motivazioni giustificassero la triplice differenziata proposta di adozione.

Debbo confessare che sono rimasto incredulo e basito quando, molto riluttante e con il volto rosso, non so se per timidezza o per vergogna, una delle docenti si è decisa a confessare che il libro proposto per l’adozione da una delle altre colleghe era fatto veramente bene, ma che lei non si era sentita di condividerla in quanto lo stesso conteneva foto e illustrazioni “osé”!

Imbarazzato per le spiegazioni fornite, ho chiesto di esaminare il testo incriminato, anche al fine di verificare se fosse stata concessa la prescritta autorizzazione per la stampa e la relativa diffusione nelle scuole e di conoscere il nome del “coraggioso” prelato.

Ciò fatto, non trovo più le parole che traducano esattamente il mio pensiero e ciò che mi passò per la mente quando vidi una delle foto ritenute indecenti.

L’illustrazione che avrebbe turbato e scandalizzato i bambini, la foto “osé” era soltanto una bella e accurata riproduzione a colori di quello che, secondo me, è il più grande capolavoro, mondiale e di tutti i tempi, della storia dell’arte, cioè la creazione di Adamo a opera di Dio Padre affrescata, alcuni secoli fa, da Michelangelo Buonarroti nella volta della Cappella Sistina, in Vaticano, dove ormai da tempo immemorabile, i Cardinali di Santa Romana Chiesa si riuniscono in Conclave per l’elezione del Papa!

Non ci sono parole né perché!

SPESE MORALI, SPESE IMMORALI, STATO ETICO E COMPRESSIONE DELLE LIBERTÀ INDIVIDUALI

Quando la nebbia si sarà finalmente diradata da quell’incredibile sogno indotto in milioni di italiani, indicato come “reddito di cittadinanza”, e si passerà dalla urlata e demagogica fase confusionaria e parolaia a quella individuata perché il sogno stesso si possa concretizzare in articoli e commi, auspicabilmente chiari, in norme cogenti, allora il “Re” apparirà malinconicamente nudo e si affloscerà miseramente un effimero e inconsistente castello di carta presentato come appariscente e allettante, oltre che duraturo e realistico.

Fuor di metafora, l’imbroglio sarà più che evidente e indifendibile la posizione di chi lo ha ordito, carpendo la buona fede e tradendo le attese degli italiani, che avevano ingenuamente abboccato, accordando loro fiducia e votandoli in massa.

Al di la della quantità e della durata dell’obolo, che, tatticamente saranno rese note nell’immediata vigilia delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo (26 maggio 2019), la strumentale intenzionalità messa in campo per pubblicizzare le modalità di erogazione dello stesso denota una pericolosità, che si dilata a tutte le attività dell’attuale governo giallo-verde, con malcelate tendenze al nero, e che risulta chiara dalle dichiarazioni irresponsabili del “sapientino” e sin troppo loquace “caporal-capetto” pentastellato, che ricopre ruoli e ha responsabilità troppo grandi per lui.

Le spese effettuate dai beneficiari del reddito di cittadinanza verranno riconosciute e, quindi, liquidate, solo se effettuate nell’ambito di precisi paletti, indicati alla luce di principi morali propri di un certo cielo stellato.

Se lo Stato si arroga il diritto di definire ciò che è morale e ciò che morale non è o addirittura è immorale, siamo in presenza di uno stato etico e, quindi, inevitabilmente sulla soglia di un regime dittatoriale.

I segni dei tempi, la pericolosità della strada imbroccata sono non solo percepibili, ma chiaramente visibili anche in comportamenti all’apparenza piccoli e quasi insignificanti, quale è, appunto, il tanto sbandierato e irresistibilmente attraente – fino a prova contraria – “reddito di cittadinanza”, che il sapientino caporal-capetto si compiacerà di erogare ai suoi sudditi.

Tanta nostra preoccupazione è motivata dal fatto che il concetto di moralità, in simili condizioni, può essere molto soggettivo ed estremamente aleatorio, come dimostra uno squallido episodio già, purtroppo, avvenuto.

Il caporal-capetto, che dovrà stabilire quale prodotto è moralmente acquistabile per le esigenze di una data famiglia, è lo stesso che si è compiuto di offrirsi benevolmente dal balcone di Palazzo Chigi all’applauso frenetico ed entusiasta, non certo disinteressato e sincero, di un manipolo di parlamentari, che percepiscono una lauta indennità (non paragonabile all’obolo del reddito di cittadinanza) in quanto eletti dal popolo italiano per ben altre finalità.

Una claque tanto costosa e pagata con soldi pubblici non si era mai vista, se non sotto altri balconi! È la stessa claque che, in servizio permanente effettivo e trasformando le aule parlamentati in curve da stadio, sottolinea con frenetici e ripetuti applausi le risposte-comizio di capi e capetti alle interrogazioni parlamentari settimanalmente trasmesse in diretta televisiva. Ed è morale tutto questo?

E se, percependosi quale censore, il sempre più invasato e vanesio sapientino caporal-capetto si sentisse investito dell’autorità, novello Catone, di valutare la moralità e l’immortalità dell’umano agire con il rischio di comprimere persino le libertà individuali, allora si che ci troveremmo a un soffio dall’instaurazione di un regime etico e dittatoriale, ammantato di democrazia!

Eventualità che tutti dobbiamo sentirci impegnati a scongiurare. E non solo a parole!

MARCELLO FOA PRESIDENTE DELLA RAI: SI, NO, MEDIASET

Una volta, al bar e/o al ristorante, quando si chiedeva un bicchiere di acqua minerale, il cameriere era solito domandare seguendo la formula classica: liscia, gassata o Ferrarelle?

Gli organismi preposti alla nomina del nuovo Presidente della Rai, Marcello Foa, hanno registrato da parte di alcuni membri una posizione articolata e altalenante in relazione agli interessi del loro “burattinaio”: Foa va bene (Si), ma noi non lo votiamo per il metodo scorretto con cui è stato designato (No), anzi ci sta bene e lo votiamo (Mediaset) perché ha garantito il pluralismo informativo (sic!) e soprattutto ha  innalzato l’asticella della raccolta pubblicitaria per  le aziende televisive del Capo.

L’ondivago e smunto Berlusconi intende costruire un’altra Italia preoccupandosi prevalentemente delle aziende di famiglia. Ma chi lo  segue in simili contorsioni, oltre a essere un incoerente smidollato, dimostra di avere (con rispetto parlando)  una sola idea che è quella di servire il Capo senza se e senza ma, sempre e comunque. Ciò al fine di avere una speranza di futuro e un avvenire economicamente discutibile e  privo di qualsiasi personale dignità.

(Adolfo Gente)

RISPARMIO REALE E SNELLIMENTO ISTITUZIONALE CON SEMPLICI, MA SISTEMATICI RITOCCHI ALLA COSTITUZIONE. (II)

 Acquisita la liquidazione del CNEL, passerei a ritocchini molto più semplici, con risparmi molto più consistenti, anche se le concrete ricadute sarebbero di più lungo termine.

Mi limiterei, lasciando immutati gli articoli 56 e 57 della vigente Costituzione, a ridurre (dimezzandolo quasi) il numero dei componenti delle due Camere come segue: da 630 a 330 i Deputati e da 315 a 165 i Senatori, con una diminuzione complessiva di 450 componenti del Parlamento rispetto agli attuali 945.

Il risparmio, l’utile economico diretto e indiretto è notevole.

Con buona pace degli arroganti e presuntuosi ragazzotti pentastellati che vedrebbero sensibilmente diminuiti potenziali fonti di reddito, con la possibilità di ripulirsi (come già avvenuto) e di assicurarsi, con un discreto vitalizio, una vecchiaia dignitosa. Alla faccia di chi li ha votati sperando nell’effimera mancetta chiamata “reddito di cittadinanza” e nella eliminazione degli sprechi.

Gli stessi, d’altro canto, non potranno opporsi né tentare di vanificare, rinviandola alle calende greche, una decisione tanto incisiva, urlata su tutte le piazze elettorali. Vedranno se manterranno questa chiara e indiscutibile promessa elettorale, gridata unitamente al refrain “onestà, onestà”!

In fondo, un significativo taglio dei parlamentari è in linea con l’affermazione (discutibile e che non condividiamo) del padrino-burattinaio della Casaleggio Associati (e, di fatto, del M5S), secondo cui, con la Rete, il Parlamento, tutto il Parlamento, e ogni organo collegiale elettivo sono sostanzialmente inutili e dispendiosi!

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RISPARMIO REALE E SNELLIMENTO ISTITUZIONALE CON SEMPLICI, MA SISTEMATICI RITOCCHI ALLA COSTITUZIONE.

Nei primi 15/16 anni del secolo corrente, gli italiani sono stati chiamati ben tre volte a pronunciarsi, mediante altrettanti referendum, per confermare o no corpose (al di là del merito) riforme della seconda parte della vigente Costituzione della Repubblica Italiana, approvate dal Parlamento, in base alla normativa in vigore, dopo lunghe, defaticanti e impegnative discussioni, che hanno registrato anche il responsabile e costruttivo coinvolgimento di associazioni, movimenti, enti, gruppi, istituzioni e singoli studiosi, presenti e attivi a livello di società civile.

Ben due volte su tre gli sforzi profusi dal Parlamento sono stati vanificati, non essendo stati “confermati” dal voto popolare! In tal modo, sono state respinte anche modifiche, a volte condivisibili, in quanto, in forza del meccanismo referendario, non si è potuto esprimere un voto articolato, ma complessivo.

La mancata conferma della riforma è avvenuta anche perché non è stato raggiunto il prescritto quorum dei partecipanti al voto. Il che può anche significare che le riforme votate dal Parlamento non interessavano alla maggior parte dei cittadini.

È tempo, allora, di cambiare metodo e di procedere, in modo sistematico e inarrestabile, a semplici ritocchi, su cui si registri un ampio consenso, nel Parlamento e nel Paese, e il referendum confermativo (comunque inteso!) non sarebbe obbligatorio.

Io partirei, per esempio, con la cancellazione con effetto immediato dell’art. 99 della Costituzione, che, fra gli “organi ausiliari” del Parlamento e del Governo, istituisce il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL).

Le sue competenze potrebbero essere attribuite, in parte, ai Sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro, con strumenti legislativi da individuare e approvare, e rafforzando gli Uffici Studi e Documentazione dei due rami del Parlamento, liberalizzandone al massimo l’accesso a tutti gli interessati.

Il risparmio sarebbe consistente, ancorché non macroscopico, sia di tempo che di denaro.

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DISABILITÀ = COMPETENZA?

Il bando del concorso a n. 2425 posti di Dirigente Scolastico, finalmente in fase di espletamento, prevedeva che, nel caso di un numero di domande di partecipazione superiore tre volte a quello dei posti messi a concorso, si doveva provvedere a una prova preselettiva (come è effettivamente avvenuto lo scorso 23 luglio), al fine di sfoltire e contenere l’esercito degli aspiranti Dirigenti. Detta prova avrebbe dovuto verificare, con una batteria di quesiti a risposta chiusa, conoscenze e competenze degli stessi, da fornire in uno spazio limitato di tempo con l’uso del computer.

Ora, pubblicati l’elenco degli ammessi al concorso, la data e le sedi in cui sostenere la prova scritta (che avverrà il prossimo 18 ottobre), con l’avvio, quindi, della fase formale del percorso stesso, c’è stata una incredibile, scandalosa sorpresa: sono stati ammessi direttamente allo scritto, senza sostenere la prova preselettiva, i candidati riconosciuti disabili ai sensi della legge n. 104/92!

La disabilità – e, conseguentemente, la malattia e il disagio – è indice di competenza?

Il concorso serve per selezionare validi – o auspicabilmente tali – Dirigenti Scolastici o è occasione per fare assistenza e beneficenza erogando a qualcuno – che poi potrà legittimamente assentarsi e anche con frequenza e senza riduzione dello stipendio – consistenti aumenti stipendiali, oltre che delicate e accresciute responsabilità?

E chi, come e quando potrà rilasciare il vecchio certificato di sana e robusta costituzione, ora di idoneità fisica allo svolgimento delle attività istituzionali, a persone già riconosciute inabili da una commissione medico-collegiale?

È questo il modo per perseguire il salto qualitativo della scuola statale?

Con buona pace dei nostri giovani e del loro futuro!

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I giovani italiani, per garantirsi di che vivere, hanno due scelte: emigrare o farsi eleggere in Parlamento.

Quale speranza di futuro hanno i giovani italiani, e non solo loro? Negli ultimi tempi, si parla, con frequenza superiore al solito, di disoccupazione, con particolare riguardo a quella giovanile e femminile. Le parole sono troppe e le chiacchiere stanno a zero, in quanto di fatti se ne vedono pochi. Nulla si fa neppure per i giovani cosiddetti Neet, cioè quei giovani che non studiano, che non lavorano e che sono talmente sfiduciati e avviliti che hanno rinunciato persino a cercare una qualsiasi occupazione e/o a proseguire un regolare corso di studi per conseguire un titolo spendibile nel mercato del lavoro. A questo punto non resta loro che attendere speranzosi il reddito di cittadinanza o intraprendere il calvario dell’emigrazione. Per male che vada possono sempre candidarsi al parlamento o a qualche consiglio regionale o comunale per assicurarsi indennità e gettoni di presenza utili anche a pensione. Qualcuno, or non è molto, aveva suggerito alle donne di sposare un buon partito.

(Adolfo Gente)

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