14.10.2019
La tigre e il porco
Un porco non più giovane e pingue al punto da esser pronto a far prosciutti incontrò per via una tigre. Questa, sazia di un recente pasto, nemmeno lo guarda anzi se ne scansa per la puzza e passa oltre.
Il porco, vistosi ignorato e offeso nella sua dignità suina, emette un grugnito a disprezzo, convinto di dover irridere la tigre per la sua fellonía.
” Eh eh …la pancia piena annebbia la vista, vecchia baldracca ? Io che nacqui porco e tale vissi fin’ora mi faccio beffe di te e dei tuoi spuntati artigli.”
La tigre si volta e con fare superiore gli dice “chi nasce porco muore suino,
aspettami tra qualche ora e farò di te cena e colazione.
Ma intanto datti una lavata perchè non sopporto di mangiare carne avariata”.
Il porco, riportato alla dura realtà, decise allora di cambiar profilo.
Entrato in un negozio di maschere ne comprò una di tigre e la indossò.
Trascurò invece di lavarsi e al ritorno della tigre…”la maschera che indossi
potrebbe pure ingannare, ma ciò che ti rivela qual tu sei è la puzza che ti
porti appresso…” E con un balzo mise fine al carnevale.
Non sempre l’abito fa il monaco. E chi nasce porco – come disse la tigre – muore sempre suino.
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03.10.2019
Gli scolapiatti incontinenti & i Lanzichenecchi.
Certi cattolici (Famiglia cristiana in testa) sono come lo scolapiatti. Pretendono di raccogliere tutta l’acqua che cola ma puntualmente la rigettano in testa a chi sta sotto.
A forza di lisciare il pelo a una certa sinistra dal solidarismo tanto al kilo
oggi si ritrovano di nuovo coi Crocifissi sfrattati dalle scuole.
È evidente la ricerca di consenso del M5s negli ambienti laicisti :
è proprio di certi rabdomanti della democrazia diretta raccogliere
frutta e verdura alla chiusura dei mercati rionali.
Ma la novità assoluta è voler sostituire la foto del Presidente della Repubblica con…(udite udite…) la mappa della Costituzione. Domani proporranno di sostituire la bandiera italiana con quella di Medici senza frontiere o quella della pace di moda negli anni dell’anti berlusconismo.
Questi sono gli stessi che un tempo confondevano la CEE con la NATO
e che odiavano l’inno di Mameli preferendo cantare Bandiera rossa.
Oggi Grillini senza storia di cui potersi vantare e Piddini con una pesante
eredità di cui si vergognano eleveranno a loro inno il Vaffa dei e Bella ciaone. Molti musicanti faranno a gara per comporre le musiche.
W L’ ITALIA ! Che tristezza.
Ancor più triste vedere che l’alternativa sono i fascitoidi nostalgici
e analfabeti che conosciamo a Latina e in molte contrade italiane dove chi
per una vendetta chi per una delusa carriera, da sinistra e dal centro, si
lanciano sul carro dei Monatti.
I Lanzichenecchi sono tornati e la peste è servita.
Augusto Cianfoni
20.07.2019
Caporalato nella palude.
La notizia è di quelle per così dire equivoche. A Latina sindacati, parti datoriali agricole e Istituzioni hanno stipulato nei mesi scorsi un accordo che inaugura il trasporto gratis di operai immigrati dai loro accampamenti ai luoghi di lavoro. La bicicletta dunque sostituita da Bus G.T.
L ‘aspetto molto enfatizzato di detto accordo è che la gratuità è riservata
a coloro che “hanno un contratto regolare” il che pare equivalere a dire “abbiamo scherzato”.
I primi pullman sono partiti ieri 18 luglio da Terracina verso Borgo Hermada : 12 km con a bordo tutti i protagonisti di questa incredibile fiaba.
Mi si perdoni il paragone (certo improprio se non blasfemo), ma anche i treni diretti ad Auschwitz offrivano viaggi gratis.
Ciò che voglio dire è che hai voglia a inorgoglirti se poi nelle aziende questi poveracci vengono maltrattati con salari da fame e condizioni igieniche disumane, senza alcuna prevenzione contro le malattie pure obbligatoria per legge e per contratto di lavoro. Ma si sa… le malattie professionali contratte nel lavoro dei campi e sotto le serre agiscono col silenziatore e si manifestano a volte dopo molto anni quando difficile è stabilire il nesso di causalità e ritrovare i datori di lavoro che venti anni prima ti dettero caritatevoli un tozzo di pane…
Pare di assistere ad una esibizione di protagonismo di chi ancora una
volta esibisce il cipiglio di governare un fenomeno che né molto gli interessa di conoscerlo né lo emoziona più di tanto.
Gli agricoltori fanno bingo con la miseria, i sindacalisti assistono e
si raccontano come eroi ma in questa guerra restano sempre nelle retrovie salvo che nei giorni in cui Indiani e Bengalesi diventano portatori di bandiere ammainate come nel 2016 a piazza della Repubblica o importanti con le domande per l’indennità di disoccupazione sulle quali pagano la loro iscrizione ad un sindacato dove non saranno mai considerati soci oppure quando debbono rinnovare il permesso di soggiorno. Qui sembra accadano le cose più gravi: Alcuni operai bengalesi e indiani riferiscono che per la relativa pratica a volte si paghino migliaia di euro ma forse è soltanto una diceria. Questa notizia circola da anni ma non ha registrato finora indagini decisive.
Non è pensabile infatti che infaticabili sindacalisti che ogni ora si dedicano
da filantropi alla tutela di questi diseredati poi ne possano approfittare
nel modo così vergognoso di cui si sussurra.
Sarebbe come dire che da che mondo è mondo una gran massa di poveri allestisce la mensa ai ricchi tra i quali sarebbe vera sorpresa vi fossero non
solo gli Agrari, signori per nascita o per sopravvenuta fortuna, ma pure sindacalisti, gli uni e gli altri appartenenti alle nobili tradizioni della dottrina sociale della Chiesa e del Liberalismo democratico.
E intanto il pullman Gran Turismo va…
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08.06.2019
Le Messe cantate
Domenica 26 maggio (casualmente il giorno delle elezioni) su AVVENIRE, giornale sempre attento a questi temi per missione evangelica, abbiamo letto analisi, dichiarazioni, auspici di sociologi, di sindacalisti, di responsabili dei Templi indiani e Bengalesi, di bravi Sacerdoti e di rappresentanti delle Istituzioni locali, tutti in prima linea contro il Caporalato nella nostra Provincia.
Si prova delusione quando si vede un così agguerrito esercito della salvezza schierato contro il malaffare e però nel fiume restano sempre gli squali o meglio gli umani disumani, ognuno in cura del proprio business o a soddisfacimento del proprio ben retribuito narcisismo.
Nel mezzo di questa grande Messa cantata qualcuno però stona il suo Misere.
Tibi silentium decet si direbbe nel latino liturgico. Nonostante un tale dispiegamento di buone intenzioni lo sfruttamento non arretra di un passo né hanno mostrato efficacia le evocate manifestazioni come quella silente del 2016 in piazza della Repubblica a Latina nè i protocolli solennemente sottoscritti tra gli attori del sociale, delle aziende agricole e delle Istituzioni regionali e provinciali.
Ciò perché fin quando persisterà il grave squilibrio tra domanda e offerta nel settore agricolo, non ci sarà anatema o invito alla resistenza e alla denuncia che potrà averla vinta.
Curare un simile tumore con la rilassante camomilla è velleitario, ma è ancora peggio che vi siano coloro che persistano in quella mistificazione che mentre col braccio sinistro denunciano i misfatti, con la mano destra nè incassino i lauti benefici: agricoltori…sindacati… sociologi…avvocati e politici del mondialismo, sedicente solidarista.
La COSA BIANCA o….la ROSA BIANCA ?
Ogni tanto tra i politici orfani della vecchia DC, del centrodestra
berlusconiano o comunque tra quelli non della sinistra ex comunista nasce la suggestione che potremmo dire del panificatore.
Negli ultimi anni dal 2012 – complice il disagio a restare dentro gabbie
o schemi di sedicenti, finti riformismi – alcuni cattolici devoti
e laici in buona fede ogni tanto enunciano dai loro giardini di gesso l’avvento di una “cosa bianca”.
Nel 2012 Andrea Riccardi e altri pellegrini della via lattea (Buñuel),
oggi Toti e Giorgia Meloni ai quali si andranno ad aggregare coloro
che, guardando il tramonto di Forza Italia, non vogliono (ancora !)
salire sopra il Carroccio vittorioso alla battaglia di Legnano (1176)
perchè non si sa mai…Barbarossa potrebbe tornare.
Forse dati i tempi e la cupa confusione che avvolge la politica
in Italia non sarebbe esagerato, invece che parlare di cosa bianca,
evocare la Rosa bianca (Monaco di Baviera 1943).
Fatti i debiti distinguo, quei giovani martiri del Nazismo potrebbero assurgere a modelli per questa società allo sbando che pare non avere speranza in un futuro dove l’uomo torni ad essere protagonista del proprio destino.
Auguri comunque a coloro che tentano pure oggi di rompere gli
schemi.
4 giugno 2019
I Capponi di Renzo
Mai vista una cosa del genere :
4 giugno 2019
Radio Radicale
Appello ai cittadini democratici
Mauro Ferrari
Nominato Presidente del Consiglio europeo per la ricerca. (ERC)
59 anni nato a Udine…. uno dei maggiori scienziati nel campo delle nanotecnologie.
Laureato in matematica a Padova, ha lavorato per molti anni negli Stati Uniti. Il prestigioso incarico è un grande orgoglio per l’Italia.
Peccato che nessun politico italiano se ne sia accorto. Troppo impegnati
nelle sterili polemiche elettorali. Ennesimo segno dello squallore in
cui versa la politica in Italia.
20 maggio 2019
Le Erinni e i Caronte
Piccoli Comuni montani
30 aprile 2019
Questi sono giorni in cui in molti Comuni si presentano le liste e i Programmi per le elezioni del 26 maggio. Si rinnoveranno i Consigli che amministreranno per i prossimi cinque anni.
“Dalla bocca dei fanciulli…hai preparato la tua lode o Signore”.
CLICK DAY: La tradotta degli schiavi
14.04.2019
LA FOGLIA DI FICO
12.04.2019
Come nelle statue il nudo delle pudende viene coperto dalla classica foglia di fico, così alla vigilia delle grandi Festività cristiane i nostri Vescovi con ammirevole spirito edificatorio riuniscono ad Limina politici, amministratori, politicanti e attori del sociale, attivi e passivi.
PICCOLI COMUNI: PLAUSO AL NEO SENATORE
11 Aprile 2019
Alcuni giorni fa avevo commentato su questo Blog, con un pizzico di ironia, l’affermazione del neo Senatore pontino Calandrini quando, al momento di insediarsi a Palazzo Madama, aveva dichiarato “voglio lasciare un segno in questo territorio”.
Oggi debbo rivolgergli una scusa ma anche un plauso perché nella sua prima azione da Parlamentare ha esortato il Governo a occuparsi dei piccoli Comuni, da troppi anni dimenticati dalla Politica.
Soprattutto quelli montani e collinari hanno subito gravi fenomeni di spopolamento, di declino economico e sociale di cui portano la maggiore responsabilità politici di ogni Partito salvo rare eccezioni e tutti i governi degli ultimi settant’anni senza eccezioni.
Se il Partito del neo Senatore pontino vorrà occuparsi di questo grande e dimenticato tema auguro ad esso che ne abbia la riconoscenza dei loro abitanti a cominciare dalle prossime elezioni europee perché quella sensibilità dimostrata su tale tema potrà essere preziosa anche nel prossimo Parlamento di Strasburgo.
Nei Comuni con meno di 5000 abitanti vivono (sarebbe meglio dire sopravvivono) in Italia 9/11 milioni di persone. La Legge 97/94 (quella che fu definita “legge per lo sviluppo della montagna”) e quella del 28 settembre 2017 cosiddetta Legge Realacci sono ottime.
Leggi utili allo scopo. La prima fu letteralmente tradita dai Governi perché non dotata delle risorse e degli strumenti perché funzionasse. La seconda, oltre alle irrisorie risorse di cui è stata dotata, attende ancora la emanazione dei Decreti attuativi. Chi rivendicherà la piena applicazione e la necessaria dotazione economica almeno per quest’ultima avrà il merito di promuovere una politica di alto livello perché favorirà un piano di investimenti per una strutturale prevenzione contro il diffuso dissesto idrogeologico dando lavoro a decine di migliaia di persone oggi disoccupate. Contribuirà alla crescita economica del Paese e a ridurre la povertà specialmente in quei territori dove è sempre stato estraneo l’insediamento di industrie e delle grandi iniziative imprenditoriali per la mancanza di idonee infrastrutture e di servizi.
Da quei Comuni molti abitanti sono fuggiti non potendo permettersi il lusso di vivere fra tanti disagi. Ne sono conseguiti danni enormi alla economia dell’Italia (frane – alluvioni – incendi boschivi) e ad una coesione sociale la cui fragilità è sotto gli occhi di tutti ed è grave pericolo per la stessa democrazia.
Se la Politica finalmente comincia ad accorgersi di quanti ritardi e di quante responsabilità si è resa colpevole ma anche di quante potenzialità possono svilupparsi da uno sviluppo della montagna povera allora varrà la pena di credere che possa esserci ancora in questo Paese e in Europa una buona Politica.
Augusto Cianfoni
LA LUMACA DI TRILUSSA
3 aprile 2019
Il poeta romano in una sua dissacrante poesia ci presenta la simpatica chiocciola che lentamente risale strisciando la colonna traiana.
Alla vista di così celebri e gloriose gesta del grande Traiano e delle sue legioni, l’umile animale con un sussulto di ammirazione e di orgoglio proruppe nell’intento quanto mai ardito : “anch’io lascerò un’impronta nella Storia !
“… Con lo stesso entusiasmo, abbiamo sentito in queste ore alcuni eletti Consiglieri provinciali e un neo senatore assicurare di voler lasciare una impronta in questo territorio. Non ne siamo certi, ma coltiviamo comunque indefessa fiducia verso una loro opera di bonifica.
Dopo quella che debellò la malaria c’è molto da fare per redimere questa Provincia dalla condizione di colonia della camorra casertana e della ndrangheta calabrese.
Auguriamo ai neo eletti che abbiano spalle forti e cuori grandi non fosse altro per i troppi e gravosi incarichi che essi, per il bene della Patria, si sono voluti caricare come Sindaci, Consiglieri provinciali e Parlamentari.
” I’ mi sobbarco” si diceva nella Firenze del Trecento da parte di coloro che Dante censurava perché i loro provvedimenti d’ottobre mai giunsero a mezzo novembre.
(Purgatorio Canto VI)
LE ELEZIONI PROVINCIALI DI LATINA
1 Aprile 2019
Come ci si aspettava, nelle elezioni per il nuovo Consiglio provinciale di ieri 31 marzo ha vinto ancora una volta la cattiva politica. Quella dei padroni dei voti, mai sazi di poltrone. Quella di chi vive da sempre sullo scambio di potere potendoselo permettere. In un Ente oggi ridotto a totale marginalità vince non la Politica ma la prepotenza perché una poltrona è pur sempre una poltrona. I piccoli Comuni continuano a non avere alcuna voce in questo Ente perché il cosiddetto voto ponderato favorisce le grandi città i cui Sindaci non lasciano nulla agli altri mentre avrebbero già tanto da fare per amministrare le loro comunità che, come dicono, lo fanno a tempo pieno pur esercitando sempre a tempo pieno i loro mestieri o le loro ben retribuite professioni. Una ennesima occasione in cui gli arroganti fanno un pessimo servizio alla politica. Chiunque dei “grandi signori” oggi eletti continui a enunciare i valori della partecipazione democratica dovrebbe semplicemente provarne vergogna ma non accadrà. Essi sono da sempre i primi responsabili della sfiducia che la gente vive nei confronti di questa pessima politica. Se vogliamo rivendicare la rinascita delle Province dopo la pessima “riforma” Delrio dobbiamo rivendicare il voto diretto dei cittadini sia per la elezione del Consiglio come del Presidente.
E infine occorre porre un argine all’ incetta di cariche stabilendo per legge la incompatibilità tra l’incarico di Sindaco a tempo pieno e altri istituzionali come pure con l’esercizio di professioni che presuppongono un tempo pieno specie di quelle che hanno a che fare con la salute dei cittadini.
SONO RIPARTITI GLI INCENDI
Nella serata di ieri 22 marzo tra Sezze e Bassiano il primo incendio di questo inizio di Primavera. C’è da stare preoccupati perchè da anni ormai Sermoneta, Bassiano e Sezze vedono il loro territorio devastato da ripetuti incendi che è difficile non addebitare a iniziative dolose. Purtroppo questi fenomeni sono sempre più frequenti in tutti i luoghi dove manca la giornaliera opera dei contadini, la sorveglianza e la razionale manutenzione dei margini delle strade e del sottobosco, una volta compito della Provincia, della Comunità Montana e del Corpo Forestale dello Stato. Oggi invece appannaggio per lo più di dubbi appalti su cui lucrano pochi con nessun vero beneficio per le popolazioni residenti. Da tre anni i suddetti Comuni, insieme a Norma, Cori e Rocca Massima stanno ipotizzando di riunirsi in un Consorzio per la cura del territorio e la sua valorizzazione mediante una gestione in forma di impresa delle risorse ambientali e segnatamente di quelle boschive. Come avviene da decenni e in alcuni casi da secoli in molte Regioni italiane, anche sui monti Lepini vi sarebbero le condizioni e le necessità per fare altrettanto.
Zone del monte Amiata, Val di Fassa,Val di Fiemme, Valtellina, Appennino parmense, Valcamonica, Campania, Calabria, Piemonte, Veneto ecc dimostrano che i boschi,
i pascoli e i centri storici non sono un problema bensì una risorsa se la loro gestione assume il carattere di una impresa. Aumento del valore economico del patrimonio boschivo (paesaggio, legno e prodotti del sottobosco) e opportunità occupazionali sono
peraltro le prime condizioni per frenare lo spopolamento dei Comuni collinari e montani e per riportarvi la gente. Dove c’è la gente e il lavoro torna a muoversi l’economia del piccolo commercio e dell’artigianato. Dove c’è la gente c’è anche la sorveglianza che invece manca del tutto quando tra le montagne c’è il deserto.
Ridare dunque valore alle coltivazioni e agli allevamenti nelle zone interne delle famiglie diretto coltivatrici significa infine anche poter attivare tutte quelle virtuose azioni che vanno sotto il nome di prevenzione la cui mancanza crea le peggiori condizioni per le frane, le alluvioni e gli incendi boschivi che costano all’Italia ogni anno miliardi di euro e molti lutti.
Augusto Cianfoni
marzo 2019
Legge 28 settembre 2017 c.d. Legge Realacci: “in aiuto dei piccoli Comuni”
di Augusto Cianfoni
La legge per il sostegno allo sviluppo dei piccoli Comuni, soprattutto di quelli delle zone interne e della cosiddetta “montagna povera”, varata il 28 settembre 2017 sarebbe un’ottima legge se l’avessero dotata di adeguate risorse e fossero stati emanati i relativi Decreti attuativi.
I 100 milioni di euro per gli anni fino al 2023 sono il nulla se rapportati ai 5.497 Comuni al di sotto dei 5000 abitanti. Quei soldi hanno soltanto una funzione: quella di accendere un capitolo nel Bilancio dello Stato ma che dovrebbe essere incrementato almeno a 5 miliardi di euro da spendere nei prossimi dieci anni, tali e tanti sono gli scopi assegnati alla legge.
Contrariamente a quanto dicono alcuni politici (talvolta anche in ANCI) non si tratta di frenare l’esodo dai Comuni svantaggiati. L’ esodo è già avvenuto e a più riprese da almeno settant’anni. L’obiettivo deve invece essere di riportare le giovani famiglie ad abitarvi, quelle che oggi sopravvivono nelle periferie delle grandi città.
Per farlo bisogna: – creare lavoro – varare leggi fiscali e impositive vantaggiose – dotare i Comuni montani di quei minimi servizi, propri di una vita civile: presìdi di primo soccorso – uffici postali – scuole – impianti distribuzione carburanti – banda larga – sportelli bancomat – un servizio telefonico efficiente e non ostaggio delle truffe agli utenti da parte dei Gestori.
Quanto al lavoro, le prime e più urgenti opportunità possono nascere dalla manutenzione ordinaria dei terreni acclivi, dei boschi e delle strade (rurali e forestali) di cui siano titolari i Comuni o le loro forme associate : Province, Comunità Montane, le nuove Unioni dei Comuni o i Consorzi Forestali, quelli dei vecchi e sempre attuali Regio Decreto Legge 1723/21 e del Regio Decreto Legge 3267/23 a dimostrazione che spesso non serve fare nuove leggi, ma basterebbe far funzionare quelle esistenti. Non sia superfluo ricordare, per esempio, come sia stata neutralizzata una ottima legge
come quella per lo “sviluppo della montagna” la L. 97 del 1994 perché i …lungimiranti Governi degli ultimi venticinque anni dimenticarono (si fa per dire) di finanziarne gli scopi.
Né vi fu alcuna Organizzazione di piccoli imprenditori (agricoli o artigianali) che ne abbia sollecitato con forza la piena attuazione.
Da ultimo, tornando alla suddetta Legge Realacci, i piccoli Comuni rivolgano un appello a tutte le Forze politiche in vista delle prossime elezioni europee : per promuovere lavoro e una virtuosa manutenzione del territorio come costante e strutturale prevenzione contro le calamità naturali e il diffuso dissesto idrogeologico serve un continentale “PIANO MARSHALL” proiettato in almeno trent’anni con investimenti di miliardi di euro per ogni anno da ripartire tra i Paesi dell’ Unione proporzionalmente al numero di abitanti e alle urgenze di ciascuno.
Infine, poiché poi i progetti, come si dice, camminano sulle gambe degli uomini lungimiranti, c’è da augurarsi che Politici come Ermete Realacci ed altri come lui vengano candidati dai rispettivi Partiti perché il grande e variegato tema dell’ambiente già oggi, ma sempre più domani, si dovrà discutere principalmente a livello europeo e mondiale.
Augusto Cianfoni
augusto.cianfoni1948@gmail.com
LE AUTONOMIE LOCALI
di Augusto Cianfoni
La legge Delrio nel 2014 abolì le Province per ridurre la spesa pubblica e i luoghi in cui si dice vivano i professionisti della politica e i troppi o comunque mal distribuiti dipendenti pubblici.
Stessa cosa era avvenuta in alcune Regioni per le Comunità Montane dopo il libro “La Casta” (2007) dei giornalisti Rizzo e Stella che fece conoscere molti esempi di opinabili gestioni, ma si fece, come spesso, di ogni erba un fascio.
Per le Province tolsero il voto agli elettori e ne fecero il privilegio di coloro che siedono nei Consigli comunali favorendo le grandi città e quasi escludendo dalla rappresentanza i piccoli Comuni. È sembrato di riascoltare la supponente affermazione del Generale De Gaulle e prima di lui Napoleone quando dissero “la politica decida! L’ Intendenza seguirà”.
Infatti anche l’Assemblea dei Sindaci, nuovo organismo previsto dalla suddetta Legge, risulta la solita finzione democratica perché nel concreto essa non ha nessun potere di condizionare nè di vincolare la programmazione, tanto meno l’esercizio esecutivo delle rimanenti deleghe.
Solo due esempi: la tutela e la valorizzazione dell’ambiente (si dice “in concorrenza” con le Regioni…altro bizantinismo derivante dal riformato Titolo V della Costituzione) e la costruzione e gestione delle strade provinciali sono compiti la cui effettiva attuazione risulta del tutto aleatoria e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Basta vedere come sono ridotte le vie del Lazio e di questa nostra Provincia di Latina.
Poi i politici si dolgono quando la gente non riconosce i loro sacrifici. Presidenti e Consiglieri, in una giornaliera vertenza istituzionale, si arrampicano sulle competenze che la legge sembrerebbe mantenere o aver tolto loro, ma lo fa a causa di quel linguaggio volutamente oscuro che lascia sempre dubbia la interpretazione delle norme.
La stessa cosa avviene tra Regioni e Stato centrale. Oggi però una buona notizia: a distanza di anni qualcuno comincia a chiedere di ripristinare le Province. Eppure questa, che potrebbe essere salutata come un sano ripensamento, rischia di apparire il solito modo di mettere le mani avanti.
Alla notizia, infatti, che l’attuale maggioranza in Parlamento e il Governo vogliono ridurre il numero di Deputati e Senatori molti cominciano a preoccuparsi.
Si ridurranno gli scranni in Parlamento e allora bisogna risuscitare le Province e le Comunità Montane che già diventano Unioni dei Comuni o altro ancora perchè poi ogni Regione legifererà per sè. Intendiamoci: ogni ripensamento, dopo gli anni della furia iconoclasta, è da apprezzare anche se indotto da contingenti preoccupazioni e non da virtuosa lungimiranza recuperata.
Le Province e le forme associative tra Comuni saranno il segnale del superamento di una malattia se le une e le altre diverranno diverse dal passato. In ogni caso le prime condizioni da conquistare sono il minimo diritto di tribuna nei Consigli per tutti i Comuni e la elezione diretta dei Presidenti da parte dei cittadini. Poi le Giunte esecutive, nell’uno e nell’altro caso, vadano a formarsi pure secondo accordi politici tra le forze che alla vigilia delle elezioni abbiano condiviso il programma amministrativo presentato all’ elettorato.
Questo potrà avvenire se nel ridisegnamento dello Stato (ma vale anche per l’Europa) i Partiti o i Movimenti della cosiddetta democrazia diretta ispireranno la loro azione ad un sano Federalismo, fondato sul principio di sussidiarietà. In un Paese in cui molti rivendicano maggiori autonomie occorre pregiudizialmente rifondare la cultura della responsabilità. Troppi anni ha vissuto l’Italia nella declinazione dei diritti a prescindere dai doveri in ogni campo. E infine occorre sanare la profonda dicotomia che rende malato il Paese: quel declinare i diritti e riconoscerli secondo il censo, vale a dire secondo il peso elettorale e all’inverso i doveri che troppo spesso risultano la soma caricata soprattutto sui piccoli secondo l’assioma cinico del Marchese del Grillo.
Anche tra le Istituzioni purtroppo si è andata insinuando la condizione vigente in economia e nel campo dei diritti sociali: pochi detengono la ricchezza del mondo mentre aumenta sempre più il numero dei poveri e dei “sens papiers”. (Il riferimento alla Francia non è casuale.) In questo si manifesta soprattutto il fallimento della Politica il cui compito dovrebbe essere, prima di ogni altro, quello di riequilibrare in ogni ambito i rapporti tra il più forte e il più debole. Se la Politica non impara a leggere la lezione della Storia e i messaggi delle odierne cronache riguardo alle istanze di una maggiore e non finta partecipazione che salgono dai popoli ci si presenteranno conti molto pesanti da pagare.
Augusto Cianfoni marzo 2019 augusto.cianfoni1948@gmail.com
MONTAGNA & AMBIENTE una vertenza necessaria all’uomo e alla Politica.
Di Augusto Cianfoni
C’è un argomento da sempre trascurato nel dibattito politico ed elettorale che invece, a mio parere, accoglierebbe consenso perchè risponde al diffuso bisogno di lavoro di decine di migliaia di inoccupati e disoccupati senza altre prospettive e di un reddito dignitoso per altrettante famiglie indigenti.
E’ la MANUTENZIONE DEL TERRITORIO orientata a restaurare l’ambiente, in molti luoghi così fragile da essere fatalmente esposto a ricorrenti frane e alluvioni come pure ai fatali incendi estivi dei boschi.
Basta leggere i dati riferiti ai costi che ogni anno subisce l’Italia dalle suddette calamità. Una spesa travolgente su cui lucrano in pochi espropriando soprattutto le popolazioni delle alte colline e della montagna povera dell’unico lavoro ivi possibile pur essendo ogni volta le prime vittime dei disastri naturali.
Per non dimenticare: VALTELLINA 1987 – SARNO 1997 – SOVERATO 2000 – GENOVA 2011…. PROVINCE DI TREVISO E VICENZA 2014 – PIEMONTE 2016 e anni precedenti – PROVINCE DI MESSINA e CATANIA 2015 – SARDEGNA 2009 e 2013 e da ultimo (si fa per dire) il disastro ambientale nelle valli dolomitiche di fine ottobre dello scorso anno.
Senza dimenticare gli incendi boschivi che ad ogni estate rappresentano il banchetto di appaltanti e appaltatori tra i quali brilla l’esuberanza dei Burocrati delle Regioni e non solo, agenti in conto proprio o in nome di indicibili cointeressenze.
Una seria progettazione di opere che invece rendesse eccezionale e straordinario il pronto soccorso, pur necessario nell’immediato delle calamità, mediante una sistematica e pluriennale manutenzione dei terreni acclivi, degli alvei di fiumi, di torrenti e fossi, del sottobosco come pure dei margini delle strade garantirebbe alla spesa pubblica di finanziare piani pluriennali di investimenti che produrrebbero lavoro e consensi a chi se ne facesse promotore.
Proviamo a immaginare squadre stabili di operai e di Tecnici per ogni Comune che per sette, otto mesi all’anno ne occuperebbero decine di migliaia ai lavori sopra descritti e che avrebbero buoni motivi a restare quali sentinelle operose nelle zone interne e in montagna o a tornarvi rianimandovi una pur modesta economia fatta di piccoli esercizi commerciali e artigianali oggi scomparsi e, cosa non meno importante, di aziende agricole multifunzionali e di allevamenti, indispensabili a mantenere l’equilibrio dei terreni e a valorizzare le tipiche produzioni locali con benefici anche per il turismo.
Comuni, Province, Comunità Montane e Consorzi di Bonifica dovrebbero essere i primi imprenditori cui affidare progetti da realizzare prioritariamente con maestranze e tecnici assunti e regolati da contratti di natura privatistica, idonei, per esperienza o per formazione, alle opere necessarie.
Poco meno di undici milioni di persone se consideriamo i Comuni totalmente o parzialmente montani al di sotto di 5000 abitanti e molti di più se vi aggiungiamo quelli collinari e delle zone interne e svantaggiate sono anche un bacino di voti interessante per qualsiasi Partito che, occupandosi delle fragilità del Paese e delle fasce deboli della società, abbia interesse a riconquistare i consensi perduti.
Da parte loro i piccoli Comuni però imparino a fare sinergia ed “economia politica di scala” aderendo ad una “piattaforma” per una collettiva vertenza istituzionale dal basso, attesa la poca incisività dimostrata dall’ANCI per non parlare delle soppresse (?) Province, titolari part time delle deleghe del passato, ma tuttora vivacissime sui relativi appalti
(es viabilità – ambiente – politiche scolastiche) e piene di insospettata energia ogni volta che si riaccende la lotta per il rinnovo dei Consigli e degli “eroici” Presidenti, sempre così pronti a sacrificarsi – nella ingrata
inconsapevolezza di tutti – per il bene comune.
Un “cartello” dunque che parta dal territorio e non si affidi soltanto ad una rappresentanza altra che per sua natura tende sempre a edulcorare le problematiche deludendo le priorità e annullando i profili specifici
e le diverse condizioni soggettive e oggettive in un indistinto intonaco.
Eppure se la Politica ha delle colpe, non sono minori quelle di una pubblica opinione sempre incline al disimpegno della delega in bianco salvo poi lamentare la mancanza di protagonismo e di partecipazione democratica.
Compito pertanto dei Sindaci e delle Amministrazioni da essi guidate è di canalizzare il malcontento
e il mugugno della gente in proposta politica nel rispetto del principio di sussidiarietà, troppo assente
nel dibattito culturale e politico oltre che nei rapporti tra le Istituzioni.
Il progetto di cui parlo non si propone soltanto di restaurare il territorio materiale ma anche di tutelare il patrimonio identitario italiano ed europeo custoditi dalle popolazioni della montagna e delle zone interne prima e più che altrove.
La legge 28 settembre 2017, cosiddetta Legge Realacci per i piccoli Comuni, è una buona legge che si propone di aiutarli favorendo il loro ripopolamento dopo decenni di migrazioni. L’ hanno corredata
di poche risorse rispetto agli obiettivi che si propone, ma è un segnale importante di cui va riconosciuto il merito al citato Parlamentare che, ironia e cinismo della politica, neppure fu ricandidato dal suo Partito alle elezioni del 2018. Così va il mondo!
Dare dunque piena attuazione alla suddetta legge anche incrementando i 160 milioni fino ad oggi stanziati e in continuità per i prossimi venti o trent’anni. Un insieme di risorse per una sorta di PIANO MARSHALL per l’ambiente e per le persone finalizzato a invertire il declino sociale ed economico dell’Italia ma anche di tante altre regioni d’Europa.
Alla vigilia delle prossime elezioni europee sarebbe utile parlarne sperando che non sia troppo tardi.
I CICLOPI”, NORMA E L’AGENDA DELLA PROVINCIA DI LATINA DEL 2018
Al fine di far conoscere sempre meglio e di fare apprezzare sempre più il nostro Paese fornendo indicazioni e informazioni puntuali, precise, complete e possibilmente esaustive, abbiamo inviato alla Direzione dell’Agenda della Provincia di Latina la lettera che riportiamo più avanti, in tempo utile per recepirne i contenuti nell’edizione relativa all’anno 2018.
Nei primi giorni del mese di dicembre, come al solito, è uscito il ventesimo volume di tale pubblicazione, in cui le nostre proposte appaiono accolte solo in parte.
È un segnale positivo che non ci soddisfa pienamente, ma che ci sprona ad andare avanti senza scoraggiarci. E noi, certamente, non demorderemo. Anzi!
Egr. Sig. Direttore
Agenda Latina
Latina
Oggetto: Precisazioni e integrazione su notizie relative al Comune di Norma per l’Agenda Latina 2018.
Egregio Direttore, stante la ormai consolidata e riconosciuta utilità della “Agenda” curata e al fine di migliorarla sempre di più, nello spirito di una leale e disinteressata collaborazione, tesa solo a fornire informazioni precise, corrette e, nella loro sinteticità, esaustive, questa Associazione Culturale si permette di evidenziare omissioni, imprecisioni e, a volte veri e propri errori contenuti nella edizione 2017 della “Agenda” stessa e che, in vero, si trascinano già da qualche tempo, relativi, in particolare, alle voci “Cittadini illustri” e “Scuole” di cui rimettiamo i testi emendati.
Cittadini illustri – correzioni e integrazioni
– Don Mauro (non Mario) Cassoni (1877-1951), sacerdote cistercense, storico e studioso della lingua greco-otrantina
– Angelo Tomassini (1911-1984), Senatore della Repubblica, avvocato penalista
– Don Vincenzo Zaralli (1905-1962 e non 1966), arciprete – parroco
-Mons. Mariano Boezio Zaralli (1726-1790), Vescovo e missionario francescano, morto martire in Cina
– Don Vincenzo Mancini (1911-1982), sacerdote, musicologo, compositore
– Padre Giorgio Maria Catalani (1929-2008), sacerdote francescano, direttore di coro
-Padre Federico Gente (1887 – 1947), sacerdote francescano, morto missionario in Argentina
– Padre Annibale Gabriele Saggi (1911-1981), sacerdote carmelitano, scrittore e pittore
– Padre Ludovico Saggi (1921-1988), sacerdote carmelitano, scrittore e storico
– Luigi Guarnacci/Fratel Mansueto (1906-1975), religioso della Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane, scrittore e pedagogista.
Le allego anche l’elenco delle Scuole con i relativi numero di telefono aggiornati.
Nel restare a disposizione per ogni eventuale approfondimento, la saluto cordialmente.
Norma (LT) 25.09.2017
(Il Presidente)
Giuseppe Filippi
Il libro di G. Alessandroni su Padre Baldinucci
di Adolfo Gente
(Articolo pubblicato su Nuova Informazione di settembre 2017)
NORMA E PONTINIA
DUE COMUNI, UNA IDENTICA EPOPEA – DUE SINDACI DA SOLLECITARE
(Articolo pubblicato sul numero di marzo 2017 della Rivista Nuova Informazione)
Per mera casualità, due paesi della provincia di Latina che più diversi non si può, ancorché relativamente vicini sia in linea d’aria che per strada carrabile, Norma e Pontinia, uniti per una occasionale e contingente opportunità burocratico-organizzativa necessaria al fine di poter fruire dei benefici regionali previsti per la realizzazione di un progetto di ricerca socio-storica sugli avvenimenti verificatisi nell’inverno-primavera 1944 in coincidenza e a seguito dello sbarco ad Anzio-Nettuno delle truppe angloamericane allora neo-alleate del nostro Paese, hanno scoperto di avere avuto, comunque, qualcosa – forse parecchio – in comune.
La scoperta di fatti reali e oggettivi è stata resa possibile dall’impulso impresso e dall’impegno profuso, fra un purtroppo diffuso disinteresse e ricorrenti scoraggiamenti, dalla Associazione Culturale “I Ciclopi” di Norma, a cui le Amministrazioni Comunali dei paesi interessati hanno affidato l’incarico della ricordata ricerca, che è stata realizzata con il coordinamento scientifico del Prof. Adolfo Gente, la consulenza storico-documentaria dello stesso Gente, per Norma, e del Dott. Claudio Galeazzi, per Pontinia, nonché con la collaborazione attiva e costruttiva di molti testimoni, dei docenti e degli alunni delle Scuole Elementari e Medie di Norma, Sermoneta e Pontinia.
Per queste ragioni, sarebbe opportuno proseguire la ricerca anche con una certa sollecitudine, se non si vuole perdere la possibilità di ascoltare i racconti dei pochi superstiti ancora in vita e che hanno una età ormai molto avanzata.
La sorpresa e lo stupore per la scoperta di avere una “cosa” in comune, stanno nella “cosa” in sé, e si accrescono se si pensa alle profonde e sostanziali differenze esistenti – allora come oggi – fra i due Comuni: Norma è un paesetto di collina dalla storia bimillenaria (qualche studioso la vuole fondata nel 492 a.C., altri vari secoli prima); durante tutta la sua esistenza ha rincorso, senza mai riuscire a raggiungerli, i 4.000 abitanti; la sua economia è sempre stata sostanzialmente silvo-pastorale e agricola, con la lavorazione delle olive, e del relativo olio, e delle castagne in via prioritaria; solo da alcuni anni ha una strada che la collega a Cori a mezza costa. Pontinia, invece, è una cittadina di pianura, la terza delle città nuove fondate nell’Agro Pontino redento dalla malaria e inaugurata nel 1935; al centro di una fitta rete stradale e, di fatto, sulla Strada Statale Appia, che ne attraversa il territorio; nel 1944 – cioè ad appena nove anni di vita – aveva una popolazione di circa 7.000 abitanti, che viveva di agricoltura e dei primi insediamenti industriali, con uno sguardo al vicino mare e ai numerosi e pescosi corsi d’acqua, naturali e artificiali, che circondano e lambiscono il centro storico e i vari nuclei abitati sparsi nella campagna.
Come se ciò non bastasse, anche dal punto di vista antropologico le due comunità sociali e civiche sono alquanto disuguali. Gli abitanti di Norna erano – e, ancora oggi, nella stragrande maggioranza sono – indigeni, autoctoni, appartenenti a famiglie di cultura e tradizioni ciociarolepine, insediatesi in quel territorio da tempo immemorabile, spesso da secoli. Allora, invece, la popolazione di Pontinia era costituita ancora soprattutto di immigrati (deportati?) dall’Italia settentrionale, con netta prevalenza (diversamente da altre zone strappate alla palude) di ferraresi e romagnoli in genere, i quali, tante volte, assolutamente digiuni di conoscenze e di competenze agricole necessarie per la coltivazione della terra e l’allevamento del bestiame loro assegnati, cercavano di integrarsi con i contadini e i coltivatori diretti del posto, onde averne amicizia, aiuto e insegnamento per rendere produttivo quanto avuto. Naturalmente i nuovi arrivati erano portatori di una diversa cultura e seguitavano ad usare il proprio dialetto, oltre che a osservare usi, costumi e tradizioni dei paesi di provenienza.
Nell’inverno-primavera del 1944 queste due comunità, così radicalmente diverse, hanno vissuto una unica, identica ed esaltante epopea.
Esclusi come possibili obiettivi militari, tattici e/o strategici, soprattutto se oggetto dei ricorrenti e micidiali bombardamenti aerei e navali, che tanti lutti e distruzioni provocarono ad alcuni comuni vicini, ridotti spesso a un cumulo di macerie (Cisterna, Velletri, ma, in parte, anche Sezze, Cori, Latina, Terracina ecc.); esclusione determinata dalla collocazione geografica dei due paesi o per intervento divino (gran parte dei normesi sono convinti che sia avvenuto per la intercessione della “loro” Madonna del Rifugio, dagli stessi calorosamente venerata da ormai oltre tre secoli), Norma e Pontinia diventarono meta agognata e ricercata, perché sicura, di migliaia di persone in fuga dai luoghi di abituale residenza, ormai insicuri se non addirittura pericolosi, di partigiani, di militari sbandati ecc. I cosiddetti sfollati trovarono nei loro territori accoglienza, ospitalità, assistenza e cura materiale e spirituale, cibo, in una parola condizioni di vita precarie ma accettabili nella situazione data (con le solite, deprecabili, eccezioni). Quasi inconsapevolmente si realizzò una vera propria epopea, umanamente esaltante, la cui parola d’ordine caratterizzante fu “solidarietà” senza aggettivi e nell’accezione più ampia e umana del termine. Il futuro, infatti, era incerto per tutti.
In poche settimane la popolazione presente in ciascuno dei due comuni lievitò fino a 25-30 mila persone, secondo stime ufficiali molto vicine alla realtà fattuale. A tutte, con grande generosità e indicibili sforzi, nei limiti del possibile, vennero assicurati, si fa per dire, vitto, alloggio e assistenza, in uno slancio umanitario, tanto più valido e apprezzabile, se rapportato alla bruttura, alla cattiveria, all’egoismo, ai ricatti, alle discriminazioni, alle mortificazioni, alle umiliazioni, morali e materiali, purtroppo propri di una inutile guerra guerreggiata e se in rapporto, altresì, del fatto che tutto quanto è avvenuto, si è realizzato senza distinzione di età, sesso, razza, lingua, religione, opinione politica e condizioni economiche e culturali, personali e sociali, come avrebbe successivamente sancito l’art. 3, al primo comma, della vigente Costituzione della Repubblica Italiana, entrata in vigore il 1 gennaio 1948.
Un dato impressionante e indicativo non può essere sottaciuto, merita anzi di essere decisamente evidenziato: nei sette-otto mesi del periodo storico investigato, in ciascuno dei due comuni oggetto della ricerca, il numero dei morti per causa di guerra non ha superato quello delle dita di una mano.
Un tanto sparuto e statisticamente insignificante numero di persone decedute per eventi bellici, un così alto numero di sfollati accolti e accuditi, tanto più significativo se posto in relazione al numero degli abitanti abitualmente residenti (3-7 mila e 25-30 mila) sono gli assi portanti delle motivazioni per cui i gonfaloni dei Comuni di Norma e di Pontinia debbono essere insigniti della Medaglia d’Oro al Merito Civile.
La concessione di tale meritata onorificenza raddrizzerebbe almeno le due seguenti storture:
- sanerebbe una inconcepibile ingiustizia, grazie alla quale soltanto 14 dei 33 Comuni ricompresi nella circoscrizione territoriale della provincia di Latina hanno già avuto una onorificenza al Merito e/o al Valore Civile e la stessa Amministrazione Provinciale è stata insignita della Medaglia d’Oro al Merito Civile (si veda, in proposito, il volume Parole, Simboli e Segni della Memoria, edito dall’Amministrazione Provinciale di Latina nel 2014);
- invertirebbe una tendenza consolidata e capovolgerebbe una prassi, non assolutamente condivisibili e abbisognevoli di una radicale rivisitazione, in forza delle quali si vuole che riconoscimenti e onorificenze vengano conferiti in proporzione al numero dei morti e delle distruzioni, non già per gli sforzi compiuti perché morti e distruzioni non ci fossero o fossero sensibilmente contenuti come è appunto il caso di Norma e di Pontinia, due paesi vittime di un ambiguo disinteressamento e di una incomprensibile indifferenza da parte di vecchi e nuovi amministratori comunali, i quali, benché puntualmente e tempestivamente informati dei risultati delle ricerche condotte anche negli ultimi tempi e delle scoperte di avvenimenti quasi sconosciuti o del tutto inediti, si ostinano a non avviare la pratica, che pure non ha oneri economici per il conferimento a Norma e a Pontinia della meritata Medaglia d’Oro al Merito Civile.
Per le considerazioni sopra esposte, rivolgiamo ai Sindaci di Norma e Pontinia un appello affinché le due amministrazioni si rendano disponibili a riprendere fattivamente le attività a suo tempo avviate e sviluppate.
Giuseppe Filippi
Presidente Associazione Culturale “I Ciclopi” Norma
Giuseppe Filippi
Lettera al Direttore de L’Espresso del 1 gennaio 2017 – Considerazione al servizio “Viaggio al termine della democrazia”
Egregio Direttore,
leggendo i titoli del servizio sul “Viaggio al termine della democrazia”, si coglie un immediato senso di rinuncia a credere che la democrazia possa sopravvivere.
Vi è una sorta di rassegnazione all’ineludibilità che la democrazia possa continuare ad essere l’orizzonte di riferimento per il mondo occidentale e sviluppato.
Anche se all’interno del servizio vi sono sprazzi, molto sintetici per la verità, di posizioni che sostengono una posizione contraria, il filo conduttore resta quello della fine della democrazia liberale, così come l’abbiamo conosciuta sino ad oggi.
Le analisi che vengono svolte dai vari sociologi e politologi intervistati sono note da tempo e in qualche modo fotografano l’esistente. Ma da sole non bastano. Non ci aiutano a capire cosa possiamo fare per difendere la nostra democrazia e soprattutto sapere cosa dobbiamo fare per farla continuare a vivere. Il semplice cahier de doleance non aiuta.
Occorre riprendere in mano il filo del ragionamento e dell’azione. Un compito questo che l’Espresso in tanti anni ha sempre avuto come suo tratto costitutivo e distintivo.
Ad esempio quando si accenna al mancato recupero del rapporto fiduciario tra i cittadini elettori e i politici/governanti, si manifesta in tutta la sua forza, quasi definitivamente, l’idea che può interessarsi alla politica o essere politico e magari leader di un progetto, o iniziativa politica, solo un cittadino che viene eletto nelle assemblee. E’ morta l’idea del cittadino che si interessa di politica, che si impegna, indipendentemente dal fatto che vada a gestire una posizione di potere. Questo è il segnale chiaro, che la modificazione della politica è stata catartica, devastante! Ha cancellato totalmente il senso civico dell’impegno sociale, del senso dello Stato e di appartenenza alla propria collettività.
Tutto ciò è drammatico, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: dal Governo nazionale a quello della Capitale, è un fallimento dietro l’altro, per motivi diversi , ma sempre di fallimenti si tratta. Tutti imbevuti di un nuovo populismo, così ben descritto nel servizio.
In ogni angolo del mondo i nuovi populisti, come sempre è avvenuto nella storia, fanno leva sulle paure della gente, annebbiando qualsiasi forma di ragionamento. In questo sono stati aiutati dalle cosiddette elite, dai tecnocrati, dai poteri della finanza e dei mercati, dalla logica della globalizzazione, che allontana sempre più l’individuo dal suo noto, dal suo mondo misurabile e dominabile”.
Vi è stato un progressivo svuotamento della memoria degli individui. La società è stata veicolata verso un nuovo mondo i cui esiti sono fuori dalla portata degli individui rendendoli impotenti e quindi attanagliati dalla insicurezza e dal rifiuto verso ciò che non riescono a capire, a governare.
La società, e il nostro Paese in particolare, hanno bisogno di ritrovare le modalità, gli strumenti e i luoghi ove poter tornare a fare politica, a partecipare in modo nuovo alla gestione del bene pubblico. I cittadini hanno il diritto di poter tornare a sognare un po’ della propria felicità, che può essere data loro dalla politica.
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(Ri)Coprire le radici, maturare l’identita, costruire il futuro
di Adolfo Gente
Pubblicato sul n. 1 di gennaio 2016 della rivista Nuova Informazione
Finalmente un po’ di ossigeno alla cultura
La legge finalmente incentiva coloro che fanno donazioni per la valorizzazione ed il recupero del patrimonio culturale …(Ved. documento allegato Art Bonus)
Ecco una bibliografia su Norba e Norma
Un link per chi vuole curiosare sulla storia dell’Italia dal 1945 ad oggi
http://www.storiaxxisecolo.it/larepubblica/repubblica.htm
(Buona lettura. Sono graditi i commenti)
31.12.2011 Lo sviluppo secondo Polito di Giuseppe Filippi
01.07. 2012 La crisi dell’euro e lo spread che attanaglia gli italiani di Giuseppe Filippi
15.07.2012 Il crash dell’economia suddita della finanza di Giuseppe Filippi
01.02. 2013 La crisi dell’Europa di Giuseppe Filippi
16.04.2013 L’equivoco del cambiamento di Giuseppe Filippi
06.05.2013 Incontro a sinistra di Giuseppe Filippi
6 regole per vincere un progetto europeo The Biz Loft
Giuseppe Filippi Relazione sul Trasporto pubblico locale Roma 2007