I CITTADINI E L’EUROPA

Succede spesso in questi ultimi anni che si parli dell’Europa, del suo ruolo e del significato che ha per i cittadini comuni. Tuttavia, non si è riusciti a trovare un campo idoneo, atto a sviluppare un confronto fattivo, sia nella pubblica opinione che tra forze politiche.

Quello che riporto di seguito è il frammento di una discussione tra due cittadini che, per cultura e ruolo professionale, sono posti nella parte alta di una ipotetica scala della competenza e dunque della consapevolezza dei problemi nei quali sono immerse oggi l’Italia e l’Europa.

I due riflettevano sul tema della vicinanza delle istituzioni ai cittadini ed in particolare di quelle europee. Il tema è di grande importanza, soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo, che vede gli Stati dell’Unione Europea attanagliati sempre più da politiche fiscali e legislative asfissianti. Il problema però più devastante, almeno per paesi che si trovano in una condizione simile a quella dell’Italia, è quello dei continui vincoli a cui sono sottoposti i bilanci degli Stati, soprattutto in relazione all’ammontare del debito complessivo accumulato dai singoli paesi.

In particolare, in Italia, in questi ultimi anni, l’Europa viene vista come una congrega di tecnocrati aridi che guardano esclusivamente ai conti dei bilanci pubblici con una mentalità da semplici contabili. Le uniche ricette che sanno fornire, come risposte alla situazione economico finanziaria, sono sempre le stesse: tagliare il debito pubblico e risanare i conti dello stato. Infatti, negli ultimi tempi, ci hanno fatto conoscere anche la spending revue, andata di moda per diverso tempo qui in Italia.

Come si sa, l’Italia, nella gestione del debito pubblico, ha titolo di campione degli spendaccioni più dissennati. A ruota seguono altri paesi del sud dell’Unione Europea. I paesi del nord invece brillano per virtù e austerità nella spesa pubblica ed hanno un rapporto deficit/Pil molto migliore del nostro. 

Questi temi del rapporto deficit/Pil e debito/Pil hanno dominato la scena dei compiti principali assegnati all’Unione Europea. E’ evidente che i cittadini, di fronte a questa martellante campagna che ci proviene giornalmente dalle Istituzioni europee, non possono che avere una visione dell’Europa come matrigna e causa principale di tanti mali che affliggono le nostre economie e travagliano i ceti più deboli della società.  

Ora, non v’è dubbio che l’Europa soffra, essa stessa, di un deficit di tipo politico-culturale. In tutti questi decenni, durante i quali si sarebbe dovuta costruire un’Europa politica, si sono creati invece esclusivamente tanti salotti snob, soprattutto a Bruxelles, presso la Commissione Europea, tecnocratici, avulsi dalla realtà dei popoli e delle società dei singoli paesi partner dell’Unione. Come qualche cosiddetto sovranista alla Salvini ama dire, l’Europa ormai legifera su tutto, tranne che sui problemi concreti delle persone, per dedicarsi soprattutto a regolamentare inezie come il colore delle bustine con le quali si confeziona l’insalata.

Ma torniamo per un momento ad analizzare come quei due cittadini, di cui dicevamo all’inizio, vedono l’Europa. Una delle prime osservazioni che ponevano è quella che fino a poco tempo fa, i principali documenti dell’Unione Europea erano pubblicati al massimo in due lingue: francese e inglese. Poi di recente si è aggiunta quella tedesca. Ora la domanda sorge spontanea: se un’istituzione vuole dialogare con i propri cittadini come fa a non parlare la loro stesa lingua? E ancora, i tanti parlamentari, eletti nei singoli paesi, possibile che in tutti questi anni, non abbiano mai sentito la necessità di far tradurre gli atti delle istituzioni europee nelle lingue dei loro Stati? Come se ciò non bastasse, fino a qualche anno fa nei canali satellitari si poteva vedere una tv, almeno in Italia, che parlava esclusivamente delle istituzioni europee e della loro attività. Perché oggi questo canale è sparito, o almeno non lo vediamo sul digitale terrestre che è quello che guardano il 99 percento dei cittadini? Perché è sparito, almeno qui in Italia, anche un altro canale televisivo che parlava dei rapporti tra l’Europa e i paesi che affacciano sul Mediterraneo? E per concludere, che fine ha fatto l’avvio di Euromed, l’istituzione creata dall’Europa l’anno scorso, che dovrebbe avere tra l’altro la propria sede qui in Italia? Era stata istituita proprio per guardare con maggiore attenzione i rapporti dell’Unione Europea con i paesi del Mediterraneo e favorirli. Questa iniziativa andrebbe rilanciata e rafforzata, soprattutto alla luce dei continui e inarrestabili sbarchi sulle nostre coste di tanti poveri esseri umani disperati, che negli ultimi tempi sono rallentati solo per la paura del Corona virus.

Ora, per evitare di essere tacciati di fare solo lamentele, è giunto il momento di alcune piccole proposte.

La prima è quella di introdurre l’obbligo di corsi di lingua inglese nelle scuole, negli uffici pubblici e nelle aziende, con l’esclusione di quelle più piccole per ovvie ragioni organizzative, ed organizzarli sia in aule fisiche che on-line;  ed infine, di redigere i principali documenti sia in italiano che in inglese.

La seconda è quella di reintrodurre sul digitale terrestre uno o più canali TV dedicati all’Europa e alle sue istituzioni.

La terza è la pubblicazione tutti i documenti, dell’Unione Europea nelle lingue dei singoli Stati, con a fianco il testo in lingua inglese, per consentire a tutti i cittadini il libero accesso alle informazioni. Un provvedimento di questo genere tra l’altro crediamo che darebbe un grande contributo anche ad evitare che i paesi, e l’Italia in particolare, non presentino progetti per accedere ai fondi europei, soprattutto da parte di soggetti più piccoli come piccole imprese, cittadini, piccoli comuni e così via.

Ma i due amici, chiacchieroni e amanti di farsi domande hanno proseguito con altre riflessioni.

  1. La prima è stata quella di ripercorrere le ragioni storiche e politiche che portarono alla nascita delle prime Comunità Europee con la firma dei trattati di Roma del 1957. Allora sembrarono avviare e realizzare il tanto agognato sogno europeista di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni. Ma oggi quanta parte hanno realizzato di quell’idea di Europa?
  2. La domanda successiva è stata quella del perché popoli e Stati così diversi tra di loro, per storia e cultura, abbiano creato un’Europa in forma di “Unione”.
  3. E ancora, quanto i popoli hanno assimilato l’idea di essere parte integrante del loro stato di appartenenza e di essere al contempo anche cittadini dell’Unione Europea, di questo organismo politico più ampio e ancora troppo lontano nella loro percezione?

Con la firma dei Trattati istitutivi dell’Unione Europea, gli Stati aderenti hanno ceduto una parte della loro sovranità che alcuni dicono essere ancora insufficiente mentre altri, come i cosiddetti sovranisti, al contrario, vorrebbero ridurre il peso delle istituzioni europee. E qui si apre un’ulteriore riflessione circa il ruolo dell’Italia, inserita nell’Unione Europea, e nel confronto con il resto del mondo, così come si è venuto evolvendo negli ultimi decenni, soprattutto sotto i profili politico-economico e strategico-militare. Ora, che ruolo può avere un singolo stato che abbia le caratteristiche dell’Italia alla luce dei fenomeni che hanno caratterizzato il contesto internazionale, soprattutto mediante la globalizzazione economica e finanziaria? Come si porrebbe, l’Italia, di fronte alla modificazione dei rapporti di forza fra le due super potenze (USA e URSS), che avevano assunto la leadership globale subito dopo la Seconda Guerra mondiale? Come si potrebbe inserire nel giogo tra le vecchie e le nuove super potenze mondiali come Cina, India e Brasile?

Alla prima domanda la risposta, probabilmente, era già insita nel Manifesto di Ventotene, il cui titolo era “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto”.

Rispetto alla seconda domanda, relativa al tema “dell’Unione di Stati,” prima di dare una risposta, occorrerebbe preliminarmente farne delle altre. E cioè: Cosa hanno unito gli Stati, cosa volevano effettivamente unire, cosa si dovrebbe unire oggi, alla luce degli sviluppi che ci sono Stati a livello globale (Si veda da ultimo il dramma del Corona virus)? Ovviamente il confronto è aperto.  

Per quanto attiene alla terza domanda, credo che si possa concordare sul fatto che oggi nei cittadini prevalgano due desideri diametralmente opposti. Il primo, è quello di chi confida in un’Europa solidale e in un’area di grande pace. Il secondo invece, è quello di chi non vede l’ora di fuggirne via, perché la considera matrigna. E’ evidente che sia l’una che l’altra posizione sono figlie di una reazione essenzialmente emotiva. Invece, per dare forza e senso ad un’Unione Europea rinnovata, credo che occorrano una grande conoscenza delle regole su cui si fonda e una diffusa consapevolezza dei meccanismi che governano i rapporti tra Stati e Unione, in particolare di quelli che, opportunamente modificati, la potrebbero portare a guardare verso orizzonti più aderenti alle necessità di tutti i paesi membri e dei loro cittadini, che sono il cuore vero dell’Europa. A noi tutti sta il compito di non farli aspettare troppo.

Giuseppe Filippi

Roma 10 maggio 2020

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