Incontro a sinistra

di Giuseppe Filippi

Ricordate la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989)?
E la trasformazione del PCI in PDS (3 febbraio 1991 a Rimini a conclusione del XX Congresso del Partito Comunista Italiano)? Ricordate come, da molte parti, venne chiesto all’allora PDS di “fare i conti con la propria storia”? Perché, si disse, non bastava cambiare semplicemente il nome, o iscriversi all’Internazionale Socialista, per cancellare quasi 70 anni di adesione al comunismo sovietico. E ancora, ricordate la metamorfosi dei comunisti in “democratici di sinistra” nel 1998?
Ricordate i vari tentativi, tutti abortiti, di fare prima “La Cosa”, poi “La Cosa 2” e poi altri analoghi tentativi, tutti volti ad annettere alla “Quercia” i vari cespugli che pullulavano nel centrosinistra? Già allora Gianni De Michelis, vecchio esponente del PSI di Craxi, sosteneva di non capire perché mai il PDS volesse annettere i propri alleati di sinistra quando la Democrazia Cristiana, che pure aveva governato per oltre quaranta anni insieme agli alleati di centro sinistra (PLI-PRI-PSDI-PSI), non era stata mai sfiorata dall’idea di fagocitarli, avendo sempre mantenuto un semplice rapporto di alleanza politica.
L’esperienza del PD, sintetizzata nello slogan “Mescolati ma non mischiati”e la fusione a freddo delle due culture comunista e democristiana (di sinistra), storicamente l’uno la negazione dell’altra, non ha funzionato. Si è avuta molto più semplicemente una tardiva riedizione di una sorta di cattocomunismo, in versione più soft, non fosse altro per la diversa età dei nuovi dirigenti dei due partiti fusi (DS e Margherita). La risultante della fusione è stata una drammatica perdita d’identità del PD: ne’ socialdemocratico, ne’
liberaldemocratico. Questo stato interno è emerso chiaramente anche nel tentativo di Bersani di formare il governo: prima il tentativo di chiudere un accordo, anche a costo di umilianti prese in giro, con Cinque Stelle, per tenere buona l’anima più radicale e antiberlusconiana, poi, visto l’insuccesso, Letta ha dovuto fare maggioranza proprio con Berlusconi del quale subito dopo l’esito del voto, s’era detto “mai al governo insieme”.
E’ evidente che nel comportamento del PD ci sono forme di schizofrenia politica. C’è ogni volta la necessità di tenere insieme la componete di sinistra con quella post democristiana. E’ logico che si tratta di un esercizio su una corda molto alta,e instabile per definizione, senza alcuna rete di protezione. Il tonfo vi è stato e anche molto forte. Il PD è imploso, basta ricordare la spaccatura nel voto per l’elezione del Presidente della Repubblica.

Alla luce di questa lunga traversata, culminata con le dimissioni di Bersani, il partito dovrebbe fare una volta per tutte una seria riflessione su quella che è stata la storia delle due componenti che lo hanno generato. In tutti questi anni il PD ha avuto paura di pronunciare le parole socialismo e socialdemocrazia. Non ha mai fatto una seria analisi politica sulla struttura e sulle prospettive che si doveva dare un partito che dice di richiamarsi alla sinistra europea, che è socialista e non altro. Forse era anche prevedibile che il PD, erede del PCI-PDS, non poteva fare nulla di diverso, visto che il PCI aveva contribuito a demonizzare in toto l’esperienza socialista italiana, essendosi unito, ai vari Batman e ai giustizialisti di ogni momento, nel lancio delle monetine all’allora capo del PSI travolto da Tangentopoli.

Ma il giustizialismo ed il moralismo non sono metodi politici democratici, e soprattutto, non hanno mai dato risultati civili, in nessuna epoca.

Quel che occorre oggi è un INCONTRO A SINISTRA.

Bisogna trovare soluzioni adeguate al paese. Bisogna offrire ai cittadini la possibilità di scegliere tra delle valide alternative, ove ognuna trova la propria legittimazione non nella demonizzazione degli avversari ma nei propri programmi e valori, sancendo una volta per tutte che l’avversario politico non è il male né il “nemico” da battere. Ci vuole maturità. Occorre far crescere i partiti e i cittadini, evitandogli ogni volta promesse demagogiche e populiste, se non addirittura inverosimili. Bisogna dire basta alla politica urlata. Ci sono troppi milioni di italiani che aspettano soluzioni ai loro problemi. Per fare ciò occorre, a sinistra una forza moderna, riformista, de ideologizzata e capace anche di rischiare nuove strade. Occorre far rinascere nel paese una Politica Alta, alla quale tanti cittadini intendono
riavvicinarsi e partecipare alla vita sociale. Non è vero che agli italiani non interessa più nulla della politica. Gli italiani semmai sono delusi e respingono con sdegno chi della politica ne ha fatto solo un uso per il tornaconto personale ed ha praticato affari sporchi.

Certo, al paese serve una classe dirigente nuova, giovane e preparata, ma vanno rifuggite tutte le forme farsesche di “rottamazione”. Non ci servono campioni di chiacchiericcio da bar dello sport. E’ arrivato il momento di dire con forza che la sinistra italiana ha bisogno di una forza socialista al pari degli altri paesi europei. Una forza che sia certamente alleata, ma distinta dall’ex Margherita. Bisogna sciogliere ogni ambiguità e creare un partito che sia semplicemente di “sinistra”, di quella sinistra europea nella quale gli ex PDS dicono di riconoscersi. Occorre dire basta al vano ed estenuante tentativo di tenere insieme laici e
cattolici, su temi inconciliabili o per i quali si antepongono ancora troppi pregiudizi “ideologico-culturali”, dettati dalla religione o da forme di laicismo puramente anti religioso.

Occorre una forza politica nuova, che sappia ridare identità e orgoglio al popolo della sinistra; una sinistra maggioritaria, non elitaria, non di nicchia, che abbandoni i vecchi schemi ideologici per avviare il percorso di una società nuova, in pieno mare aperto; che sappia accettare la contaminazione e il rispetto delle diverse storie culturali e politiche che la sinistra italiana ha avuto, senza pretenderne per questo l’annullamento e l’omologazione. Serve una forza di sinistra nuova, che non abbia più la necessità di stare a braccetto con i cattolici ed ex-democristiani per legittimarsi di fronte al paese e al mondo. Non avviare un processo in questa direzione significherebbe infliggere ulteriori ferite al corpo di una sinistra già malata, agonizzante e fin troppo divisa.

Occorre insomma, aprire dei “circoli aperti all’incontro a sinistra”, aperti ai giovani e ai cittadini tutti che voglio dare un loro contributo alla rinascita del paese prima e della sinistra dopo; che intendono riaffermare che la politica è prima di tutto occuparsi dei destini dei cittadini e del loro benessere. Occorre dare solide basi nel paese ad un grande patto di solidarietà intergenerazionale, tra ceti sociali, tra i più abbienti e i meno abbienti, per ridare fiducia e speranza nel futuro. Contestualmente vi deve essere netto il segnale e la concreta azione che devono essere allontanati gli affaristi, gli opportunisti e i carrieristi dai
partiti e dalla gestione della cosa pubblica. Bisogna lavorare ad una società pulita, dove si può respirare aria nuova, dove si può percepire e vivere con chiarezza la speranza dei cittadini per l’oggi e per il domani.

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