TANTO RUMORE …SOLO CONFUSIONE

E SE RIPARTISSIMO DALLE CULTURE POLITICHE?

Provare ad uscire dalle secche della ragione, e dalle nebbie della storia, riscoprendo i fondamentali della cultura politica sui quali si è imperniato tutto l’occidente.

di Giuseppe Filippi

La gran parte dei paesi del mondo sembrano aver perduto la bussola. Hanno abbandonato ogni tracciato di quello che era stato realizzato nel ‘900 in termini di sistemi di governo, siano essi democratici che conservatori.

Cosa è successo dunque a questo nostro mondo, che si è venuto determinando attraverso l’arco degli ultimi 2500 anni? Che si era ridato una fisionomia nuova, nata geopoliticamente da dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale?

Perché nel corso dei secoli gli uomini si sono sempre affrontati, scontrati, uccisi per dei principi, per dei valori, per senso di sopraffazione e dominio, per pura avidità, mentre oggi sembrano condurre solo o prevalentemente guerre segrete, impalpabili, virtuali attraverso il web e la grande finanza?

Tutto ciò è avvenuto nonostante le grandissime trasformazioni della società, che hanno contrassegnato le grandi conquiste che hanno visto passare l’uomo dall’essere inquilino delle caverne e delle palafitte ad abitante di città organizzate e civili; a cittadino di centri attrezzati di ogni servizio per condurre una vita accettabile e talvolta persino agiata per gran parte della popolazione. Nonostante le grandi conquiste della scienza e della tecnica che hanno reso all’uomo la vita meno dura e più sicura, le società di tutto il pianeta stanno entrando in un vortice incontrollabile di folle ingovernabilità. Ci troviamo come il bambino che voleva raggiungere la cima del grattacielo e, una volta arrivato in cima, ebbe paura di guardare giù fino alla strada, perché non era abituato a quelle altezze.

I popoli sono stati sottomessi più con lo strumento della propaganda e della persuasione occulta, leggi informazione, che con la forza come avveniva un tempo. Non di meno, si sono sottomessi all’azione avviata da tempo su scala planetaria che ha ridotto ogni essere umano a semplice consumatore, nella migliore delle ipotesi, o addirittura in un nuovo schiavo, nel caso di sfruttamento dei lavoratori in quelle aree del mondo più povere.

Sembrano esserci dei casi di ribellione, come in Francia o in Venezuela, che provengono dalle fasce sociali più povere. Potrebbero essere spiragli di un rifiorire dei movimenti di popolo davanti alle grandi ingiustizie e angherie perpetrate dalle classi dominanti.

In quasi tutta Europa si stanno consolidando allarmanti forze antidemocratiche. Anche nelle democrazie più consolidate del mondo, come Gran Bretagna e Stati Uniti, i governi in carica sono guidati da capi di Stato e Primi Ministri che non hanno, neanche lontanamente, l’Aplomb di chi li ha preceduti.

Oggi gran parte dei popoli e dei giovani in particolare, si sono rifugiati nel nichilismo, che Umberto Galimberti nel suo libro “La parola ai giovani”, suddivide in passivo e attivo, ovvero tra chi ritiene che non vi siano più speranze per il futuro, chiudendosi nella rassegnazione e chi invece non vuole rinunciare ai propri sogni.

Ma volendo circoscrivere l’analisi all’occidente, bisognerebbe tornare alla storia di quella che è stata la culla di tutta la cultura occidentale: l’antica Grecia. Occorrerebbe riscoprire e far comprendere ai popoli il valore delle idee, come fecero Aristotele e Platone. Bisognerebbe insegnare loro che in assenza di un’elaborazione organica delle idee, cioè dello sviluppo del pensiero, ogni azione messa in campo corre il rischio di essere una pura reazione estemporanea riferita al momento contingente, e soprattutto, senza offrire una solida via di sviluppo creativo e ordinato della società.

Con la nascita della “polis” greca vedono la luce i concetti di “politica” e di “politeia” che altro non erano che tutto ciò che afferiva alla vita della polis, cioè, della società, ricomprendendo non solo le istituzioni più propriamente politiche, ma anche tutte le altre istituzioni mediante cui si organizzava la vita della polis, con un diretto riferimento al costume, alle consuetudini, alla morale, alla religione e alle forme di culto e al sistema educativo.

Proprio dall’antica Grecia si originò l’idea di “democrazia”, di questa straordinaria parola che ha animato per secoli l’anelito di intere generazioni di combattenti ed eroi, che nel corso dei secoli hanno portato la maggior parte dei paesi occidentali a farla propria, riconoscendole un valore irrinunciabile e superiore, rispetto alle altre idee di governo della società.

La politica, ma soprattutto il pensiero politico, come si sa, nel corso dei secoli hanno prodotto una vasta gamma di “Culture politiche”, di ideologie, di scuole di pensiero, di modelli sociali ed economici. E’ stata un’elaborazione lenta ma continua, che nel corso del tempo ha determinato un’osmosi tra i diversi filoni di pensiero sino a combinarli tra di loro con profonde contaminazioni. Basti pensare, esemplificando, alle primitive concezioni dello stato imperniate sulla monarchia, sull’impero, sul potere temporale della Chiesa, sull’aristocrazia, sulla borghesia, sulla classe operaia, sulla classe media, sulle elite… e così via, sino ad arrivare agli abomini delle idee che hanno sostenuto l’esistenza di una “razza superiore”.

Va da se che, non da oggi, l’occidente ha convintamente abbracciato il modello democratico, frutto anche e soprattutto di un innalzamento del livello culturale e delle condizioni economiche dei popoli, che si sono determinate nel corso dei secoli a partire, emblematicamente, dalla rivoluzione francese con il motto “Libertè, Egalitè, Fraternitè”.

Nei secoli precedenti le società e i popoli erano governati da modelli, come accennato prima, dittatoriali, dinastici, spesso violenti, reazionari e conservatori. Solo grazie alle elite borghesi illuminate, durante la rivoluzione francese, presero corpo le prime forme di emancipazione politica e sociale dei ceti più deboli. Mentre con la prima e seconda rivoluzione industriale, grazie soprattutto al grande contributo dato dalla scienza alla tecnica, si crearono le premesse per un miglioramento delle condizioni economiche dei ceti più deboli, i quali, grazie ai salari erogati dalle industrie, poterono accedere ai beni di prima necessità e all’istruzione di base, motore portante del riscatto e del miglioramento di ogni società.

Orbene, l’elaborazione di idee e di modelli di gestione della società, di visioni etiche e morali che ne indicavano anche lo sviluppo in senso sociale e umano, soprattutto della dignità delle persone, si è avuto con la promozione e la libera circolazione delle idee, favorendo la coltivazione del pensiero, quale forma necessaria e superiore per lo sviluppo degli uomini. Proprio lo sviluppo del pensiero e della sua libera circolazione ha favorito la nascita di tante diverse “Culture Politiche” che hanno rappresentato il sale delle società moderne, il cuore pulsante di ogni moderna democrazia, abituandoci ad accettare il pluralismo delle idee come un bene primario. Valore ben esplicitato dalla famosa frase, erroneamente attribuita a Voltaire (pseudonimo di Jean François Marie Arouet): “Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”, in realtà usata per la prima volta da Evelyn Beatrice Hall, saggista conosciuta con lo pseudonimo di Stephen G. Tallentyre.

Le grandi “Culture Politiche,” dall’illuminismo in poi, sono state quelle liberale, dell’assolutismo, dell’imperialismo, del nazionalismo, marxista, socialista, liberaldemocratica, fascista, nazista. Sono state ideologie, filoni di pensiero, che oltre a produrre una grande messe di idee di progresso, hanno generato in alcuni casi, come in quelli dei regimi dittatoriali, degli autentici drammi sociali.

Chissà! Forse vale la pena ripartire proprio dalle quelle “Culture Politiche” che hanno saputo dare all’umanità un percorso di pace e di progresso, mettendo sempre l’uomo al centro della loro elaborazione e della proposta per la società. Dobbiamo essere coscienti tutti che in assenza di idee, di sviluppo del pensiero, la società si ritorce su se stessa e abbandona ogni idea di futuro, lasciandosi dominare esclusivamente dalle paure e dall’avversità al confronto con la realtà degli altri popoli in un mondo sempre più interconnesso.

 

TANTO RUMORE… SOLO CONFUSIONE

(In corso di pubblicazione sul Mensile Nuova Informazione)

Il Governo 5 Stelle-Lega ha preso il via da alcuni mesi, dopo tante indecisioni e proclami sul cosiddetto “Contratto di governo”.

Appena annunciata, questa inedita e bizzarra formula, ha suscitato immediatamente riserve, sia rispetto alla prassi governativa che a quella istituzionale.

Alla fine tutti i commentatori l’hanno presa come una “boutade” dovuta alla furia del cambiamento “rivoluzionario” dei 5 Stelle.

Al di la delle formule lessicali, i punti del “Contratto” sono apparsi da subito incompatibili tra di loro: da un lato maggiori spese a carico del bilancio pubblico (5 Stelle), dall’altro meno tasse, quindi meno entrate (Lega).

Oltre a questi aspetti, che sono in massima parte propagandistici, si è assistito ad uno spettacolo davvero esilarante. Un Presidente del Consiglio di facciata, due Vice Presidenti effettivi, di cui uno (Salvini) il vero dominus del Governo, che non perde occasione di pontificare non solo sulle materie di sua competenza ma anche su quelle degli altri ministri, ivi compreso il Presidente del Consiglio nominale (Conte). Ma la cosa davvero incredibile è quella di un Consiglio dei Ministri dove Di Maio e Salvini di fatto dovrebbero dare indicazioni a ministri come Tria e Savona. Ve la immaginate la scena durante le riunioni? Due giovani politici privi di esperienze di governo, senza alcun curriculum extra-politico che possa far pensare ad una qualsiasi loro competenza in materie così complesse come l’economia, i rapporti con l’Europa e soprattutto le relazioni internazionali, che danno ordini a professori di valore e di lunga esperienza come Savona e Tria. Insomma, un ballettò della vanità scaricato sulle sorti del paese.

Tuttavia, i due giovani, non perdono occasione per parlare a sproposito, per lanciare anatemi contro l’Europa, contro il mercato, contro le banche, fatto salvo il fatto di voler rafforzare le loro frequentazioni con Putin e Orban, per non parlare poi dei tentativi fatti con i cinesi per fargli acquistare il nostro debito in caso di difficoltà ad emettere nuovi titoli del debito pubblico, non considerando i rischi che comporterebbe un’ipotesi di questo genere: di finire nelle fauci del leone asiatico.

Non c’è dubbio che i proclami lanciati contro l’Europa, contro gli immigrati, l’abbassamento delle tasse con la FlatTax, l’abolizione della legge Fornero, la quota 100 per le future pensioni, il reddito di cittadinanza, la cacciata del Gruppo Benetton dalla concessione delle autostrade e così via, hanno creato tanto rumore. Ma cosa e rimasto dopo il rumore? Solo una grande confusione inconcludente.

D’altra parte sul versante delle opposizioni il caos è ancora più grande.

Forza Italia e PD sono avvolti da nebbia densissima ed hanno perso totalmente la bussola. Arrancano senza sapere dove andare. FI tratta qualcosa sulla Rai per tutelare gli interessi di Berlusconi. Il PD sta facendo giorno dopo giorno arachiri….

Ad oggi questo governo ha dato una sola prova certa: di fronte alle scelte economiche vere si è bloccato. Accampa il pretesto che gli uffici dei ministeri non collaborano, anzi che lo boicottano. Non è in grado di fare la benché minima programmazione, non ha una visione del paese. Lancia solo slogan per blandire gli elettori. Se continuerà di questo passo avremo solo guai, non solo con l’Europa, ma questo mi sembra l’aspetto meno grave, soprattutto nelle relazioni con il resto del mondo. Il paese sta diventando inaffidabile agli occhi degli investitori e delle imprese.

Non c’è un’iniziativa utile al rilancio dell’economia che sia ripartita nel paese. 5 Stelle e Lega avevano promesso di ridare slancio alle piccole imprese, ai professionisti, a tutti i piccoli operatori ma non hanno idea di come farlo concretamente. Del resto la stessa cosa, ad esempio, è avvenuta su Roma. Dopo 2 anni la giunta Raggi non è riuscita a fare assolutamente nulla e si badi bene non per mancanza di risorse ma principalmente per assoluta incapacità inadeguatezza. L’una cosa che emerge è l’assenza totale nella gestione delle emergenze. Basta guardare al problema dei rifiuti e del traffico… il nulla più totale.

Ma per ritornare alle tematiche del governo c’è da chiedersi quali misure hanno preso, ad esempio, per la riorganizzazione di un settore tanto delicato come quello delle banche e del risparmio? Quali misure hanno assunto contro l’evasione e l’elusione fiscale?

Cosa intendono fare per il settore del turismo e dei beni culturali? Che misure concrete prenderanno per la ricerca scientifica?

Al di la della promessa del reddito di cittadinanza, cosa faranno concretamente per il sud del paese?

Oltre a respingere i poveri disgraziati che arrivano per mare, come pensano di regolare i rapporti con gli altri paesi che affacciano sul Mediterraneo?

Cosa hanno da dire sui principi posti dalla nostra Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Universali dell’Uomo in tema di accoglienza e di asilo politico?

Ma fare tutte queste domande a due “forze politiche antisistema” è sicuramente inutile.

Perché è inutile? E’ inutile perché il loro obiettivo principale non è quello di governare questo paese con le regole che ci sono, inserito, così come è oggi, nel contesto che la comunità internazionale democratica si è data.

Sanno perfettamente che per attuare il loro progetto debbono far saltare ogni legame con l’Europa e con le Istituzioni internazionali. Dopo di che potranno dire: lo vedete la comunità internazionale ci ha costretti! Vogliono sottomettere la nostra autonomia statuale, vogliono piegarci a regole che non sono state poste dal popolo mediante i propri eletti. Solo dopo potranno procedere con l’attuazione del loro “piano eversivo” che hanno in mente.

Un tale scenario potrebbe anche apparire cervellotico, altamente improbabile, ma non credo che sia così per due motivi.

Il primo motivo è che la Lega non ha mai negato la sua voglia di uscire dall’Unione Europea. Solo ultimamente è stata portata a più miti consigli dai propri Ministri che hanno esperienza e un più alto senso dello stato. Inoltre ha proposto anche di non pagare più la quota di finanziamento della Nato a carico dell’Italia.

Il secondo motivo e che 5 Stelle, tramite il proprio “azionista di riferimento”, la Casaleggio e Associati in persona di Davide Casaleggio, in una recente intervista ha affermato che di fatto, con le nuove tecniche di partecipazione mediante la rete, il Parlamento è divenuto uno strumento inutile che potrebbe anche essere soppresso.

Mi sembra che lo scenario prefigurato sopra non sia così irrealistico. C’è solo da sperare che le forze democratiche si coalizzino e riportino l’attenzione dei cittadini sull’importanza vitale che hanno i valori e i temi di una corretta e consapevole appartenenza dell’Italia tra il novero dei paesi avanzati e civili.

I giovani italiani, per garantirsi di che vivere, hanno due scelte: emigrare o farsi eleggere in Parlamento.

Quale speranza di futuro hanno i giovani italiani, e non solo loro? Negli ultimi tempi, si parla, con frequenza superiore al solito, di disoccupazione, con particolare riguardo a quella giovanile e femminile. Le parole sono troppe e le chiacchiere stanno a zero, in quanto di fatti se ne vedono pochi. Nulla si fa neppure per i giovani cosiddetti Neet, cioè quei giovani che non studiano, che non lavorano e che sono talmente sfiduciati e avviliti che hanno rinunciato persino a cercare una qualsiasi occupazione e/o a proseguire un regolare corso di studi per conseguire un titolo spendibile nel mercato del lavoro. A questo punto non resta loro che attendere speranzosi il reddito di cittadinanza o intraprendere il calvario dell’emigrazione. Per male che vada possono sempre candidarsi al parlamento o a qualche consiglio regionale o comunale per assicurarsi indennità e gettoni di presenza utili anche a pensione. Qualcuno, or non è molto, aveva suggerito alle donne di sposare un buon partito.

(Adolfo Gente)