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Roma, 28 giugno 2014.
Caro Professor Ainis,
mi scuserà innanzitutto la forma confidenziale del “caro”, ma di questi tempi, oscuri, molto oscuri, trovare una persona, un uomo di diritto come lei, che si preoccupa di non distruggere cosa c’è rimasto di buono nel nostro paese o che andrebbe recuperato dal passato, è cosa assolutamente rara, soprattutto se esercitata con onestà e disinteresse.
Leggo il suo articolo sull’Espresso “Due o tre cose da non rottamare”, uscito nelle edicole il 27 giugno scorso.
La sua esortazione a Renzi mi sembra quanto mai opportuna ed io, per parte mia. non mi dilungherò con considerazioni politiche sul premier.
Faccio solo qualche considerazione. La prima, è che non riesco a capire dove pensano di portare il Paese, non solo Renzi oggi, ultimo di una nutrita schiera di Messia e di uomini della Provvidenza, ma anche tutti gli altri soggetti che sono apparsi sulla nostra scena politica. Sarebbe utile conoscere se tra tutti questi rinnovatori e rottamatori, che il Paese ha avuto negli ultimi venti anni, ve ne sia stato qualcuno che si sia posto questa domanda: “ma dove potrebbe andare il Paese con quello che sto facendo, con quello che propongo?”
Ho il dubbio che la domanda non se la siano posta. Semmai sembra realistico pensare che se ne siano fatta un’altra: “con quello che sto facendo, dove potrei arrivare? Passerò alla storia?” Ecc. ecc.
Insomma la sorte del popolo e del paese, dei quali pure hanno sempre detto di volersi interessare, non sembrano essere al centro del loro agire, dei loro obiettivi.
La seconda considerazione che faccio, e che mi preoccupa ancora di più, anzi diciamo pure che mi terrorizza, é che dalla fine della cosiddetta prima repubblica, chiunque si sia posto come attore del cambiamento, come superatore del vecchio, ha sempre impostato il problema in questi termini: il vecchio è vecchio, soprattutto in politica, e come tale non serve più. Va semplicemente distrutto, cancellato, criminalizzato. Bisogna passare al “nuovo che avanza” e mandare in soffitta tutto: personaggi, storie, culture politiche, ideologie e ideali; tutta roba dell’ottocento e del novecento che non serve più a nulla.
Ora. questa marea che ha travolto tutto, trovava indubbia giustificazione agli occhi della gente, soprattutto per la corruzione che è emersa agli inizi degli anni novanta del secolo scorso, e che continua senza sosta ad emergere ancora oggi tra la classe politica, tra i gran commis di stato, tra gli imprenditori e di ogni altro ceto che si trova a contatto con la cosa pubblica o gli affari sporchi. Come non capire il sentimento popolare di rabbia!
Tuttavia, a fronte di tali fatti oggettivi, in tutti questi anni è montata, in una parte considerevole dei partiti, soprattutto quelli più grandi, un’ideologia, per così dire, della cancellazione della memoria. Che si è articolata attraverso operazioni di criminalizzazione di tutto ciò che è stato, senza un confronto, senza un’analisi serena ed obiettiva dei fatti e della storia, cancellando soprattutto le voci fuori dal coro. In tale operazione la stampa ha avuto un ruolo di criminale asservimento a quanti hanno portato avanti senza sosta questa operazione. L’imperativo è stato: cancellare, cancellare, cancellare ogni possibile traccia. Togliere la parola a chiunque avesse un’idea diversa.
Arrivando alla conclusione di queste brevi considerazioni, credo che si possa dire, e così facendo però contravvengo a quanto mi ero ripromesso di fare in apertura di questa nota, che Renzi stia portando avanti, con abilità e un consenso mai avuto prima dai leader di questi ultimi venti anni, un’operazione di cancellazione della memoria, di sterilizzazione della coscienza e della conoscenza critica, che sono il pane e la benzina della vita democratica.
Questi argomenti che credo non dovrebbero far dormire sonni tranquilli a quelle voci libere che spero siano ancora presenti ed attive nel nostro Paese.
Con stima.
Giuseppe Filippi
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Giuseppe Filippi
Dirigente D’Azienda – Roma
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